Me pizzica, me mozzica, me devo da sfogà...

martedì 28 dicembre 2010

Precisazioni sul caso degli astici

Oggi ho ricevuto una e-mail riguardo ad un post a firma di Marista Urru pubblicato qui su Er Mozzichetto. Siccome chi mi ha scritto non è riuscito a pubblicare la sua risposta come commento al post, mi ha scritto direttamente, sebbene lo abbia fatto tramite il modulo di contatto della mia azienda (troppo deve aver cercato in rete per trovarmi lì) ed ho deciso di riportare per intero la missiva.

L'articolo in questione è Addio alle aragoste fresche: un processo ad un ristoratore per averle tenute vive su ghiaccio a firma, appunto di Marista Urru. Vorrei inanzitutto far capire che Er Mozzichetto è uno spazio su cui gli autori dei post esprimono opinioni basate su ciò che il mondo esterno ci dice tramite i comuni mass-media (giornali, radio, TV, Internet): questo significa che se i giornalisti pubblicano informazioni errate, va da se che difficilmente si possono avere idee chiare, ma se tutti stessimo zitti per questo, nessuno potrebbe correggere le storture che vengono dette e scritte.

Il Sig. Vito Marino scrive:
Sig. Lippi
solo adesso ho letto sul blog la sua lettera sugli astici e dato che il blog non accetta il mio post, mi permetto di risponderle su questa pagina.Lo Stato si è pronunciato in questo modo:
La prassi di porre in vendita crostacei e pesci vivi sui banchi, fuori dagli acquari adeguati, è una pratica fuorilegge e crudele, rivolta verso animali che, privi della parola, non possono far sentire le loro proteste.
Il Decreto Legislativo 30 novembre 1992, n. 531 (Gazzetta Ufficiale n. 7 del 11/01/1993), emesso in attuazione della direttiva 91/493/CEE, applicabile alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca, così recita all’art. n. 4:

“PRESCRIZIONI PER ANIMALI VIVI” – i prodotti della pesca destinati ad essere immessi vivi sul mercato devono essere tenuti costantemente nelle condizioni più idonee alla sopravvivenza.

Ed ancora l’ORDINANZA del 2 marzo 2000 del Ministero della Sanità (requisiti igienico-sanitari per il commercio dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche – G.U. n° 56 del 8 marzo 2000) così recita all’art. 6, comma 1, lettera c: (prodotti della pesca)
1. i prodotti della pesca devono essere mantenuti a temperatura di regime di freddo per tutta la durata della vendita, del trasporto e durante la conservazione;
2. è consentita la conservazione dei prodotti della pesca in regime di freddo per mezzo del ghiaccio purché prodotto con acqua potabile;

all’art. 6, comma 1, lettera e : (prodotti della pesca e dell’acquacoltura vivi)
1. la vendita di prodotti della pesca e dell’acquacoltura vivi deve avvenire in costruzioni stabili attrezzate in modo esclusivo per questa attività o comunque in un locale nettamente separato dalla vendita di alimenti;
2. gli acquari a tenuta stagna, devono essere dotati delle necessarie attrezzature per il mantenimento delle idonee condizioni di vita dei prodotti detenuti;

Se non fosse sufficientemente chiaro, la sentenza della Cassazione, Sez. III Pen., ud. 14 marzo 1990, Est. POSTIGLIONE, recita tra l’altro:

non sono punibili ex articolo 727 C.p. (ammenda da 1032,00€ a 5160,00€) soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali (come suggerisce la parola “incrudelire”) o che destino ripugnanza, ma anche quelle condotte ingiustificate che incidono sulla sensibilità dell’animale, producendo un dolore, pur se tali condotte non siano accompagnate dalla volontà di infierire sugli animali ma siano determinate da condizioni oggettive di abbandono o incuria.

Ed ancora la sentenza n. 1906 Reg. Gen. N. 9216/67 della Corte di Cassazione, ha confermato la condanna di primo grado per il titolare di una pescheria che “aveva incrudelito verso dei pesci, lasciandoli in recipienti contenenti pochissima acqua, prolungando così l’agonia con contrazioni e sussulti per la lenta asfissia”.

Il reato di cui all’articolo 727 del Codice Penale, prendendo in considerazione il concetto ampio di ”maltrattamento”, non punisce soltanto gli atti di sevizie, torture, crudeltà, caratterizzati dal dolo ma anche quei comportamenti colposi di abbandono ed incuria, che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali, quali autonomi esseri viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore, come alle attenzioni amorevoli dell’uomo.
E ANCORA

ANIMALI: MALTRATTA ASTICI IN VENDITA, CONDANNATO COMMERCIANTE
Venivano tenuti in contenitori polistirolo senza ghiaccio
4 Aprile 2006
(Ansa)

Il Tribunale di Aosta ha dato ragione al Nucleo Ispettivo della Capitaneria di Porto di Savona condannando, ai sensi dell'art. 727 del Codice Penale, il titolare di una pescheria di Aosta al quale era stato contestato il maltrattamento di alcuni astici posti in commercio, vivi, in un semplice contenitore di polistirolo e, unitamente a molluschi bivalvi, in pochissima acqua e privo di alcun sistema di refrigerazione.

In sostanza è stata accolta totalmente la tesi sostenuta dalla stessa Capitaneria di Porto di Savona secondo la quale "pur non esistendo una normativa specifica che indichi il giusto trattamento da tenersi per la conservazione dei crostacei vivi, quindi che tuteli la loro sopravvivenza in condizioni tali da non essere sottoposti 'a strazio', la loro conservazione sul ghiaccio costituisce una sorta di 'ibernazione' con riduzione drastica del metabolismo basale, associata a ipoestesia sensoriale e riduzione dei fenomeni inerenti allo stress da cattura e da trasporto".

"Tale metodo di conservazione - dice ancora la Capitaneria -, sebbene non unanimemente riconosciuto dai tecnici in materia quale miglior metodo di conservazione, è certamente ritenuto idoneo a garantire l'igiene e la qualità del prodotto evitando inutili - nel senso di non necessarie - sofferenze all'animale per mantenerlo vivo".

L'operazione è stata possibile anche sulla scorta delle informazioni tecnico specifiche ottenute da varie Facoltà di Medicina Veterinaria d'Italia.

SONO D'ACCORDO CHE PUO' SEMBRARE RIDICOLO TENERLI NELL'ACQUARIO E POI CUCINARLI VIVI, PERO' L'ASTICE PUO' VIVERE ALCUNI GIORNI FUORI DELL'ACQUA , QUINDI SE VIENE TENUTO IN ACQUARIO LE SOFFERENZE SARANNO MINORI - SECONDO ME ANDREBBERO VENDUTI SOLO CONGELATI TUTTI I CROSTACEI - CORDIALI SALUTI - vito marino - ANPANA - associazione nazionale protezione animali natura ambiente

Egregio Sig. Marino, la ringrazio per le dettagliate delucidazioni che mi ha inviato e posso capire anche la sua posizione in merito alla questione di vendere solo crostacei congelati per farli soffrire il meno possibile, ma mi permetto anche di farle un appunto su una questione che ho sempre ritenuto fondamentale e con cui avvolte mi picco con cari amici che hanno idee uguali alle sue: la responsabilità.

Se si decide che una cosa non deve più essere fatta perché contraria ai principi della società in cui si vive, si deve obbligatoriamente avere:
  1. la responsabilità di sopperire ai danni arrecati a quei terzi che prima della decisione, rimanendo nella legge, praticavano ciò che in seguito è stato vietato;
  2. la responsabilità di informare tutto il settore interessato adeguatamente;
  3. la responsabilità di rendere tali informazioni sempre accessibili e fruibili anche ai neofiti della materia;
  4. la responsabilità di auto-indicarsi come coloro che hanno storicamente interrotto una tradizione o un intero settore merceologico per una questione morale e sociale.
Concorderà con me che queste prese di responsabilità sono doverose: ignorare la legge non ci scusa dal violarla, questo è vero, ma mi permetterà di far rientrare ampiamente la vicenda in uno dei mali dell'Italia e cioè il rendere la legge talmente inaccessibile a chi ne ignora i meccanismi da poterla adattare alle esigenze dell'uopo e delle persone. In somma, le leggi in Italia sono capziose perché così chi ha fatto l'Esame di Stato da Procuratore Legale (indipendentemente da quale lato della "barricata" poi frequenta) può armeggiarci come meglio gli pare.

Dunque, giusto che il ristoratore sia punito se sbaglia; meno giusto che quando si apre una qualunque attività commerciale e l'esercente chiede informazioni, queste gli vengano negate e date col contagocce nella speranza di farlo cadere in fallo e fare cassa (e questo ancora nessuno è stato in grado di dimostrarmi che non è vero...).

La ringrazio nuovamente; le porgo i miei cordiali saluti e di seguito posto anche il link alla sua associazione nazionale perché mi sembra doveroso ed interessante.

Claudio Lippi

Associazione Nazionale Protezione Animali Natura Ambiente - ONLUS: http://www.anpana.it

domenica 19 dicembre 2010

Addobbi natalizi fai-da-te: basta poco, che ce vo'?

christmas ballsphoto © 2007 Guy | more info (via: Wylio)L'anno scorso ho scritto un bell'articolo sui presepi che ha collezionato un numero impressionante di letture e devo ammettere che non me lo aspettavo: evidentemente vi piace da impazzire smucinare con le vostre manine per realizzare oggettini per il Natale. Sebbene un po' in ritardo, ho deciso di mettermi a scrivere una nuova guida, ma sta volta sugli addobbi.

Sono partito dai ricordi di bambino, sull'albero e su quegli altri elementi che caratterizzano le nostre case nei giorni di festa: siccome è un periodo un po' fosco, ho pensato che fosse gradita un po' di allegria, visto che i miei ultimi post sul blog erano un po' troppo legati alle magagne burocratiche e fiscali del Paese.
Mi sono così ricordato di quando da piccolo in casa al posto dell'abete, decorammo un ramo di albero di Giuda e così ho fatto un po' di ricerche on-line per trovare siti con idee carine da segnalarvi.

L'albero
Per prima cosa va detto subito che l'albero di Natale è una tradizione di cui si hanno notizie certe solo dal XVI secolo, provenienti da alcune cronache di Brema del 1570, sebbene la città di Riga vanta di essere la prima ad averne realizzato uno nel 1510.
E' abbastanza certo che richiama alcuni riti molto antichi, forse addirittura di origine indoeurpea, e che la simbologia sia legata alla natura del sempreverde che rappresenta il rinnovarsi della vita anche nella stagione invernale.
Il collegamento con la religione cristiana è un po' ambiguo: probabilmente è da ricondurre all'Albero della Vita nel Vecchio Testamento e ad un'interpretazione medievale che vedeva nella figura di Gesù un "albero della vita" per coloro che lo seguivano (Proverbi, 3, 18).

Da noi si usa generalmente l'abete rosso, mentre altrove è abbastanza frequente l'abete comune, ma si usano anche il pino o, addirittura la magnolia (che è anch'essa un sempreverde).

Ovviamente la fonte è la sempre immancabile Wikipedia al lemma "Albero di Natale".

Siamo abituati a dotarci ormai di un albero finto perché economico e tutto sommato ecologico, visto che permette di non abbattere piante vere; oppure, chi può, compra un abete vero con le radici: magari ha un terreno e sa che finite le feste lo toglierà dal vaso e lo metterà in terra.
Per anni a casa mia abbiamo avuto davanti alla cucina uno di questi alberi comprati per Natale: quando la pianta alla fine morì, aveva superato in altezza la casa. Questo per far capire che se si ha voglia e cura si può anche non far morire uno di quegli alberelli da vivaio che si prendono per dare un tono meno "commerciale" a questa festività, magari all'angolo della strada.

Eppure col ricordo in testa mi sono cervellato per trovare questa tradizione di cui mi parlava mia madre sull'uso di un ramo da decorare, al posto del classico albero, magari un ramo di albero di Giuda. A dire il vero non sono riuscito a trovare questa notizia da nessuna parte, però ho questo bel ricordo del ramo tagliato dalla pianta, del tronco di querciolo spaccato usato come base, della vernice argentata per dargli un tono, tralasciando qua e là la bella corteccia, e la palle di natale color argento con i capelli d'angelo ed i cristalli di vetro che pendevano: con le luci si otteneva un effetto veramente favoloso e nuovo, rispetto al classico alberello.

Come ricreare il tutto? Una guida non c'è, ma qualcuno ha documentato una soluzione analoga: ecco su questo blog la storia di un albero fai-da-te, basato sull'uso di un ramo di pino marittimo, per la felicità dei bambini, uniti in un'avventura domestica da ricordare per anni.

Una curiosa alternativa è quella dell'albero origami: ho trovato questa guida che vi permette di creare un albero di Natale partendo da un unico foglio di cartoncino. Sarà sufficiente qualche colore e qualche addobbo per terminare l'opera.

Chi invece ha la mania della carta può ripiegare su questi alberelli fai-da-te: si tratta di uno spunto piuttosto che di una guida, ma l'idea è simpatica per un Art Attack con abbondante colla vinilica...

Decorazioni per l'albero e non solo
Partendo dal circuito blog.it ho individuato degli aritcoli interessanti su come recuperare addirittura vecchia componentistica informatica per ralizzare dei decori veramente fuori dall'ordinario: possono lasciare un po' perplessi, ma con un pizzico di fantasia si può davvero cavarne qualcosa, soprattutto per gli amanti del modding e del tuning...

I siti femminili sono strapieni di ammeniccoli vari fatti in casa per decorare l'albero: forse l'idea più interessante quella di farli con la lana ed i filati.

Addobbi per la casa
Da ragazzini non poteva mancare il lavoretto fatto a scuola con le mollette di legno: tale pratica era talmente tanto diffusa che ad un certo punto vennero vendute confezioni di mollette già smontate per poter creare scatole e portapenne. Tra i lavoretti classici c'erano proprio questi addobbi natalizi fatti con la pasta secca, e ve li ripropongo come memorabilia delle scuole degli anni '80.

ben più complessi ed aritcolati sono invece i progetti di addobbi realizzabili con i tutorial di Regali di Natale.it: una lunga lista di idee e soluzioni è presente sul sito e si trova di tutto un po', soprattutto centrini e tovaglie, ma anche l'immancabile ghirlanda fatta col patchwork.

Palle di Natale
Al link precedente troverete anche interessanti soluzioni per realizzare delle palle di natale fai-da-te, oltre ad un angioletto per l'albero.
Su un altro sito ho trovato altre idee decisamente interessanti come le palline di vetro decorate a mano e le classiche pigne dorate (ma si possono anche argentare): magari non usate quelle del pino, ma vedete se riuscite a trovare da qualche parte quelle dei cipressi o di altre piante che fanno questi frutti un po' piccoli e di forme tonde o oblunghe.

Sempre con le piante e con le pigne o le bacche è possibile realizzare centrini e ghirlande: sia che usiate piante o altri materiali.

Quest'ultime hanno il loro blogroll (versione telematica della classica bibliografia...): partiamo con un breve passo-a-passo per una ghirlanda classica con un ramo di abete finto, utile per riciclare il vecchio albero di plastica ormai sfasciato e rinchiuso nell'armadio.

Con principi analoghi potete realizzare qualcosa anche con rami di salice, abete o addirittura fil di ferro (tipo arte moderna...).

Sul sito della WebTV della DeAgostini ho trovato un tutorial in stile Art Attack per creare una ghirlanda: oltre al video che ci spiega che fare, c'è un riepilogo scritto e la trascrizione delle cose da fare, anche salvabile in PDF. La cosa buona è che potete vedere altri lavori fatti nella stessa maniera.

Spero che questa carrellata di link possa esservi utile, il resto è a fantasia vostra, ricordando che non serve avere un Muciaccia in casa per riuscire a realizzare qualcosa e che se avete dei figli in casa, dedicare un pomeriggio ad armeggiare col bricolage non può che far bene a voi ed a loro.

I link in questa pagina:

sabato 18 dicembre 2010

Dove andremo a finire? Il modo di ragionare degli italiani è diventato quello delle mafie dei colletti bianchi: qual'è la soluzione?

Domenica scorsa parlavo con un amico della situazione attuale dei lavoratori dipendenti: entrambi non lo siamo più, essendoci messi in proprio, ma lo siamo stati ed a differenza di tanti altri (pure troppi) ci siamo fatti imprenditori per scelta e non perché un qualche datore di lavoro ce l'abbia chiesto. Dalla chiacchierata sono ovviamente venute fuori le solite considerazioni: sono sottopagati, costa un'enormità assumerli, gli vengono fatte proposte assurde.

Badate: se potessi assumere lo farei, e subito, perché mi gioverebbe parecchio avere una persona che mi aiuti nel lavoro, ma avere la partita IVA non significa poter spendere 2.200 euro al mese per un dipendente (perché è questo il costo di un dipendente di medio livello)... come dite? "Da quando in qua un dipendente medio viene pagato 2.200 euro al mese?"
Non viene "pagato", ma "costa" 2.200 euro al mese: poi a lui in tasca se ce ne entrano 900 o 1000 è grasso che cola.
Il mio ultimo CUD diceva esattamente questo: per ogni 875 euro scarsi che mi venivano riconosciute il mio datore di lavoro spendeva tra i 1.850 ed i 2.200 euro (in base al periodo). Nella somma erano incluse, è vero, anche le mie tasse e la mia pensione con tanto di TFR, ma in realtà una certa parte finiva in tasse che il datore di lavoro pagava alla Regione, alla Provincia ed al Comune, perché mi aveva assunto.

Disoccupazione - da altroquotidiano.it

Questa consapevolezza mi lasciò un po' stupito: ero un lusso? Cioè lo Stato riteneva che il mio datore di lavoro si era preso una sorta di sfizio a darmi da lavorare? Lo Stato non si sarebbe dovuto rallegrare che in fin dei conti, grazie a quell'assunzione ero un disoccupato in meno?

Qualche tempo fa guardavo una puntata di Report, programma che adoro e che seguo fin dalla prima puntata con una certa assiduità: si parlava della Gerit e dell'Agenzia delle Entrate. Vi potete immaginare che appena la troupe televisiva si è avvicinata agli sportelli dei pagamenti ti ha beccato subito il tipico caso di cartella di pagamento mai notificata... ovviamente ai danni di un'impresa che si è vista bloccare l'auto aziendale, ma lo ha saputo solo due anni dal blocco (col culo che non hanno avuto incidenti in quei due anni...). La signora allo sportello, rassegnata, vuole pagare, ma prima fa una domanda più che legittima: visto che non ha mai ricevuto la cartella, ne nessuna segnalazione sulla faccenda, chiede di vedere la copia delle lettere che le sarebbero state spedite. E qui la signora fa una cosa che manda nel pallone qualsiasi sportellista: chiede informazioni in merito ad un caso circostanziato e non informazioni generiche da opuscolo, ergo si richiede una ricerca e si da il caso che, a norma di legge, se l'ufficio non riesce a dimostrare che le notifiche siano state spedite, la signora ci mette un attimo a montare un bel casino.
La giornalista ci prova anche lei e partendo dall'assunto che se non paghi, evadi, finisce davanti al dirigente e gli dice "fatemi vedere la notifica, che fate subito bella figura".
La notifica si trova, ma non è intestata all'azienda della signora, ma ad una con un nome simile, quindi la GERIT ed il dirigente che, pieno di spocchia, aveva assicurato che tutto era in regola fanno una figura barbina.
Risultato? Paghi se ti segnalano che devi pagare, se controllano che lo hai fatto veramente e se ti inviano correttamente i reclami, come in tutti paesi tecnologicamente avanzati di questo pianeta, con enti dotati di un CED.

Nel reportage si faceva anche la considerazione che 121 miliardi di euro vengono pagati annualmente da tutti i dipendenti, pubblici e privati, e solo 17 miliardi dalle aziende.

Ritardare i pagamenti
Ora però sorge spontanea una domanda: se per puro caso mi dimentico di fare un F24 o lo faccio con un mese di ritardo, mi becco uno di quei "multoni" da spavento grosso quanto una casa. Eppure l'AdE permette ad alcune aziende, grandi aziende, di versare tasse e contributi con anni ed anni di ritardo senza però infliggergli nemmeno un piccolo aumento.
Tempo fa, notizia poi fatta sparire, saltò fuori che la Roma, squadra di calcio quotata in borsa doveva 400 milioni di euro in tasse al fisco, ma che l'Agenzia gli aveva concesso una dilazione di 7 anni, poi ritirata ai primi momenti di difficoltà finanziaria della società...
A Report si parlava di una grande azienda edile che aveva ottenuto lo stesso vantaggioso trattamento per oltre 2 miliardi di euro (avete letto bene).
Pur ammettendo l'evasione del 90% delle piccole e medie imprese e dei titolari di partita IVA, all'appello mancano 200 miliardi di euro: di questi, l'ISTAT ne imputa 80 proprio alle PMI ed ai liberi professionisti... e gli altri 120? 'Ndo stanno?
Nessuno lo sa, o nessuno lo dice, per vergogna di dover ammettere che presentarsi con due volanti della Finanza davanti al bar sotto casa vostra è più fico che doversi presentare alla sede della grande impresa e domandare dei bonifici all'estero. Viene anche fatto, ma con moderazione e tenendo un basso profilo. E così tutti gli anni facciamo festa quando si e no un quarto del dovuto viene recuperato ed il resto rimane oscuro e misterioso chissà dove ed in mano a chi.
In compenso c'è sempre il discorso condominiale: spalmare su chi paga le quote non versate e poi magari chiudere un'occhio o due sui più elementari principi giuridici di un paese civile, come l'onere della prova all'accusa o la presunzione di innocenza fino a prova contraria. E' molto più facile invertire le cose per impedire all'accusato di difendersi da un'accusa e costringerlo a pagare anche quando non si è fatto nulla per scorprire se è colpevole.
Ma sulle presunzioni l'Italia ha fondato il suo ingresso nell'Euro e tanti oggi se lo scordano.

Reddito presuntivo
Se hai una partita IVA incassi 7.000 euro lordi di attivo.
Come si fa a dirlo? Che ve frega a voi? E' così e basta!
Questo dotto principio ha permesso all'Italia di entrare nell'Euro insieme ad altre menate simili: oggi non è proprio così, ma se all'Agenzia delle Entrate si svegliano al mattino e decidono che sei un evasore fiscale, l'onere di dimostrare il contrario sta a te.
Ti sguinzagliano la GERIT che ti fa una cartella con dei tassi d'interesse identici a quelli di uno strozzino: se devi pagare 500 ti chiedono 1.500. Premettiamo subito che i 1.000 in più non sono solo interessi, c'è dentro altra roba, ma il succo non cambia: se vai da un cravattaro forse ottieni un trattamento migliore.
Altro principio fondamentale dell'esazione pubblica: il burocrate non sbaglia mai. Magari ti sta chiedendo di pagare una multa vecchia di un anno ad un autoveicolo da te venduto 10 anni fa, ma non fa niente... intanto paga, poi farai ricorso. Peccato che se paghi, quando vai dal Giudice, ti senti dire che per legge, pagando hai ammesso di avere la colpa e quindi ti respinge il ricorso. Se sei fortunato e ti viene riconosciuto che non dovevi pagare, i soldi non li rivedrai mai indietro: al massimo di verranno considerati come credito d'imposta.

Al paese mio t'hanno truffato, ma pare che dello Stato non si possa dire ne che ti truffi, ne che ti derubi, ne che sia mafioso o sia uno strozzino. Il comportamento è perfettamente identico, ma non lo si può dire ed io, ligio alle leggi, non lo dico, ma siccome non è illegale farlo, lo penso (ed ora mettetemi il sale sulla coda!).

Mafia
Nel mio ultimo post ho scritto che da una recente indagine risulta che oltre il 60% dell'evasione la fanno industriali e società bancarie ed assicurative.
C'è poco da scherzare su quest'analisi: guardando un bellissimo documentario sulla Banda della Magliana di History Channel emerge un termine che col tempo ci si era scordati, cioè "Mafia dei colletti bianchi".
Il punto focale è che "mafia" non è solo un'organizzazione: anzi a voler essere sinceri, il termine in Sicilia, come in Campania "camorra", indica non tanto una struttura organizzata, quanto un comportamento.
Ci indignamo perché all'Estero ci identificano con la Mafia (organizzazione), ma dovremmo avere il coraggio di ammettere che possiamo essere identificati con la mafia (comportamento).

Quando gli universitari si trovano davanti al figlio o al nipote del professore che fa il ricercatore, quando in azienda vediamo che l'amico del figlio del direttore ottiene la promozione, quando il Sindacato ci chiede di fare lo sciopero per 2 euro all'anno in più in busta paga e poi vediamo il sindacalista girare con un'auto da 40.000 euro, quando le forze dell'ordine si accaniscono sul negoziante e tralasciano la banca affianco, quando l'infermiera ci tratta male solo perché abbiamo chiesto se può darci un antidolorifico, quando l'impiegata dell'INPS ci tratta da cretini solo perché gli abbiamo chiesto perché non arrivano i bollettini di pagamento sebbene dovrebbero spedirceli loro... ecco, lì abbiamo un comportamento mafioso, anche se ad averlo non è Totò Riina o Balduccio Di Maggio, anche se non c'è l'occhio gelido di Crispino o il faccione Der Negro o il bel viso di Renatino. No. C'è la faccia del direttore d'agenzia. Ed è peggio, perché uno sgarro a Renatino De Pedis ti faceva uccidere; uno sgarro al direttore della Banca rovina te e la tua famiglia ab eternum lasciandoti in vita ad agonizzare.
I delinquenti in mimetica sono peggiori di quelli a viso scoperto.

E così mentre ci si sente chiamare ancora "bamboccioni", domandandoci come cavolo si pretende di campare con 1000/1500 euro al mese se non permettono di pagare neanche un affitto ed a malapena ti concedono di avere un'automobile, se i mutui sono ormai tutti trentennali e bisogna sposarsi per poterli pagare ed avere due stipendi per poi campare in un tugurio osceno di 50 metri quadrati pagato quasi 200.000 euro e praticamente indecente anche per starci da soli e scomodo per viverci in due, se avere un figlio significa dover necessariamente chiedere aiuto ai famigliari, se chiedere aiuto ai famigliari, vivendo tutti nello stesso immobile, comporta un aumento dell'ISEE che significa che se vuoi iscrivere tuo figlio all'università devi considerare anche il reddito del nonno e dello zio... ecco se tutto questo è l'Italia dove volete che andremo a finire?

Finiremo sicuramente come la Grecia o, peggio, come l'Argentina di dieci anni fa. Costituiremo micro-mafie famigliari che si forniranno mutuo soccorso per poter sopravvivere in una nazione che spende male i suoi soldi per far campare uno sparuto gruppo di industriali, bancari e baroni come dei re e tutti gli altri come degli schiavi.

Oppure potremmo fare come Mark Renton... sì perché lui ha ragione: vogliamo avere una vita tranquilla, senza pensieri, con poche cose belle e certe, godercela questa la vita, e quindi potremmo prenderci i soldi di tutti gli altri ed andare dritti per la nostra strada, dando di spalle a quest'Italia e costruendoci un bel futuro tranquillo ed ordinario, magari un po' borghese, ma sicuramente con qualche certezza in più rispetto a questa oscura precarietà, altrove, all'Estero in quei paesi normali che ormai, paragonati al nostro, siamo costretti a considerare dei paradisi fiscali, come Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, Canada, Australia e Stati Uniti d'America.

giovedì 16 dicembre 2010

Risparmi e capitali, evasioni e ritardati pagamenti: come i giornali generalisti e la vulgata trasformano i criceti in mostri...

Qualche giorno fa ad un mio caro amico è successo quello che capita un po' a tutti: dal suo account MySpace è stato contattato da un finto Tom Anderson, creatore del famoso social network, che gli diceva, ovviamente in inglese, che aveva vinto 300.000 dollari e che se spediva indirizzo, e-mail e numero di telefono ad un certo indirizzo di posta elettronica oltre a ricevere il premio già vinto avrebbe partecipato all'estrazione di un super premio da 2 milioni di dollari.

Al di là delle considerazioni (quando si è a corto di soldi e si hanno problemi si accetta di credere un po' a tutto) nell'e-mail c'era scritto che MySpace avrebbe aperto un conto corrente a Londra appositamente per far avere il denaro del premio al mio amico: qui si apre una parentesi particolare.

Va detto che non è la prima volta che si sente una cosa del genere, nell'ambito di un caso di truffa phishing: tutto dipende da una particolare realtà internazionale data dal concetto di moneta forte, export, trading e tassazioni delle transazioni tra differenti valute.
Per farvela breve, nelle transazioni tra stati extra-UE e nazioni comunitarie, la triangolazione con banche della Gran Bretagna è frequente se gli acquisti sono fatti in Dollari Americani o Dollari Internazionali (quel conio che la Bank of America emette per quelle nazioni che ne fanno richiesta): poi da Londra si può effettuare un banale prelievo in Euro, anche se la vera transazione è stata fatta tra Dollari e Sterline. Va detto che la pratica, sarà sospetta, sarà curiosa, ma è perfettamente legale ed è data dal fatto che probabilmente Sua Maestà Britannica avrà un qualche accordo con gli Yenkee che l'Eurozona non ha e che, per quanto ci vogliano raccontare il contrario, è da deficienti fare una transazione extra europea nella nostra valuta, troppo cara.

Conoscendo la cosa mi sono preoccupato di controllare se per caso in Inghilterra non fosse possibile aprire conti bancari senza presentarsi in agenzia: sembra di no, sebbene questo non impedisca di sfruttare lo stesso le generalità di una persona distante due ore di aereo per poter smentire di essere lui quello che compila i moduli.

Ma nella ricerca mi sono imbattuto in una di quelle classiche, oziose, paginette di Yahoo! Answers, in cui un utente pone una semplice domanda: posso aprire un conto corrente in Inghilterra dove poter avere il pagamento di interessi attivi su una piccola somma di denaro?

Potete immaginare le risposte: "No, è illegale trasferire capitali all'estero"; "Eccone un'altro che vuole evadere il fisco" ed altre cretinate simili.

In Italia le banche si fregano oltre il 10% trimestrale di tasso debitore su un conto corrente ordinario e riconoscono, mediamente, lo 0,05% annuo di interessi attivi: risultato? Tenere i soldi in banca serve solo come alternativa al salvadanaio.
All'estero, invece, le banche permettono ancora oggi di usare il conto per ottenere dei soldi derivanti dai tassi creditori.
Quindi la domanda dell'utente di Yahoo! non è tanto peregrina, ma gli altri utenti gli consigliano di aprirsi Conto Arancio e gli dicono che portare capitale all'estero è illegale.
Perché?
Perché lo hanno letto sul quotidiano e glielo hanno detto i programmi di approfondimento televisivo.

Giusto per farvi un'altro esempio, mesi fa mi guardavo una bella puntata di Report sulla GERIT, l'azienda che fa il recupero crediti per gli enti pubblici e per l'Agenzia delle Entrate. Davanti allo sportello una signora viene intervistata: a causa di una fantomatica cartella non pagata di poche centinaia di Euro ha scoperto che da due anni l'auto aziendale ha il fermo amministrativo. Lo ha scoperto per caso, perché doveva vendere l'auto e gli hanno detto che non poteva farlo. Niente di strano, tutto sommato: basta pagare le poche centinaia di Euro, e giustamente lamentarsi di non aver mai ricevuto la notifica di pagamento per ben due anni.

Ma l'intervistatrice pone una domanda bislacca: "Lei è un'evasore fiscale?"
La signora la guarda perplessa e risponde: no, semplicemente non mi hanno notificato la cartella esattoriale e non riescono a trovarla. Dov'è l'evasione?
Ma i giornali e la televisione ci dicono che se ti trovi davanti allo sportello della GERIT ed hai la partita IVA, sei un evasore.

I giornali stanno lì per dare da lavorare a chi li fa.
Non sono paladini della giustizia sociale; non hanno sempre ragione; non forniscono tutte le risposte, anzi, vi dirò di più, facendo un atto di lesa maestà giornalistica, spesso le opinioni dei noti e blasonati giornalisti italiani sono delle castronerie abissali.

Il problema del giornalismo italiano è che non è d'inchiesta, non è informativo, ma è opinionistico. Noi legiamo le opinioni di un Pinco Pallino qualsiasi che a causa della scoppola che ha versato all'Ordine dei Giornalisti, sale sul pulpito e qualunque peto emette dalle labra deve valere come oro colato.

Risultato? 12 mila e 500 Euro diventano un capitale da non esportare in un paradiso fiscale come la Gran Bretagna e 300 euro diventano un'onta da pagare col seppuku!

Al di là che 12 mila e 500 euro, possono al massimo essere i risparmi di 4 o 5 anni di un qualsiasi giovane a 1000 euro al mese che non ha debiti e non ha famiglia e che riesce a non spendere 250 euro al mese, tenendoseli da parte; al di là che i 5 milioni di impiegati pubblici creano milioni di cartelle esattoriali senza capo ne coda a causa di incuria ed incapacità tutti gli anni, mandando in tilt le esattorie di tutta Italia, quello che veramente preoccupa è la faciloneria con cui la maggior parte degli italiani vive.

Nella continua ricerca di sentirsi appagati nell'avere un sicuro nemico, ci si riduce a farsi la guerra tra poveri.
Parliamoci chiaro: anche la Danimarca sembra un paradiso fiscale rispetto all'Italia (hanno una tassazione con aliquote IDENTICHE alle nostre, sono solo gli stipendi che sono 4 VOLTE i nostri ed un costo della vita che è circa la metà del nostro...), ma se ho uno stipendio e decido di aprirmi un conto a Copenaghen invece che a Roma, non sto portando "un capitale" all'estero: su quei soldi, le tasse sono state già pagate ed al massimo decido di non incollarmi le spese bancarie italiane.

Il punto è lì: non mi vedrò detrarre bolli allucinanti, IVA da capogiro, non mi ritroverò a pagare 5 euro per un estratto conto. Questa è evasione? No, è libero mercato.
Posso comprare un'auto in Francia o in Germania e poi portarmela in Italia? Sì. Stesso Codice della Strada, stessi standard d'immatricolazione. Che cambia? Mi costa di meno, ed anche di parecchio.
Posso fare benzina in Austria? Sì. Perché? Perché non hanno i ridicoli balzelli che paghiamo noi.
Dov'è il problema?
Il problema è che l'erba del vicino è sempre più verde ed agli italiani questo da fastidio.
Quante volte avete sentito dire: "No non compro nel negozio sotto casa. Perché dovrei dare i soldi a quello là? Vado al centro commerciale". A me capita spesso.
Risultato di questa bella pensata? In Italia la vita media di una start-up si è ridotta ad appena 6 mesi! Avete capito bene: nei primi anni '90 era di 7 anni.
Così tutto quello che ci sembra anche vagamente ingiusto diventa illegale: aprire un conto in banca in Gran Bretagna? Illegale come avere un conto anonimo alle Cayman. Non è vero? Non importa.

Così i risparmi di una vita diventano un capitale illecito: sapete chi ha avuto il danno maggiore dall'introduzione dei massimali sui libretti di risparmio postali? Pensionati e ragazzini.
Il massimale di 12.550 Euro era stato introdotto perché venne scoperto un caso di parecchi libretti aperti dalla mafia con ingenti somme di denaro sporco depositato dentro. Siccome i libretti permettevano di non dichiarare la provenienza, venivano usati per il riciclaggio.
Che pensate che hanno fatto le cosche?
Chi pensate che si è trovato i risparmi di una vita spariti dall'oggi al domani?

Il punto, sempre quello, è che forse dovremmo cominciare a fare tutti quello che viene fatto anche all'estero: pretendere una burocrazia composta da poche, semplici e facilmente eseguibili formalità ed una giurisprudenza accessibile a chiunque. Sì perché è inutile che ci continuino a raccontare la storia che il nostro sistema è il più sicuro, perché sappiamo tutti che non è così.

Il nostro sistema è quello che permette al più cencioso impiegato comunale di impedire ad un cittadino di aprire un'attività commerciale perché gli fornisce le informazioni a spizzichi e bocconi e non tutte insieme.
Siamo il paese dove spostare una porta dentro casa, da una parete ad un'altra, ha un costo medio di 18.000 euro.
Siamo il paese dove ti fanno una multa da 500 euro se non hai esposto gli orari del tuo esercizio commerciale con il pannello che ti da il Comune, anche se sono 8 mesi che ne hai fatta richiesta ed al Comune li hanno finiti.
Siamo il paese dove se ad un controllo risulta tutto in regola, stai certo che hai fatto incazzare i controllori e che ti faranno la posta fino a beccare almeno una mancanza, perché non è accettabile che un esercente non becchi almeno una multa l'anno.
Siamo il paese dove se ti compri un vecchio fuoristrada usato ti rompono le scatole tutti, trattandoti come un arricchito evasore fiscale, ma nessuno si domanda come facciano certi sindacalisti ad avere la Maserati e la barca a vela da 20 metri dichiarando uno stipendio di 20.000 euro annui!!!

Ecco la domanda topica è: stanno davvero facendo la guerra all'evasione fiscale oppure stanno solo facendo finta, limitandosi agli scontrini del latte e del caffè?

Un'indagine di Krls Network of Business Ethics per conto di 'Contribuenti.it' fa emergere dei dati molto sconfortanti: l'Italia è la nazione europea dove si evade di più. Ma dall'analisi dei dati emerge soprattutto un dato fondamentale, quello della mappa degli evasori, non tanto geografica, quanto del profilo professionale: i miti televisivi crollano inesorabilmente.

Su un totale di 159 Miliardi di euro al 2009 l'evasione è così distribuita:

Industriali: 32,8% del totale dell'evasione nazionale;
Bancari ed assicurativi: 28,3%;
Commercianti: 11,7%;
Artigiani: 10,9%;
Professionisti: 8,9%;
Dipendenti: 7,4%.

I risultati parlano chiaro: il 61,1% dell'evasione annuale italiana è responsabilità del settore industriale e di quello del credito e cioè chi muove i grandi capitali.

Di domande che sorgono spontanee ce ne sarebbero tante, ma le risposte mi sembrano perfino scontate. Questo tipo di statistiche dimostrano quale sia la realtà delle cose: guardare in cagnesco il barista solo perché vediamo le volanti della GdF davanti alla porta del locale è ridicolo, come è ridicolo la sequela di trabocchetti e di appostamenti che spesso i controllori fanno per riuscire a cogliere in fallo il commerciante per lo scontrino non fatto o non ritirato o per il bollettino pagato in ritardo o non pagato perché mai consegnato, sprecando intere giornate di lavoro per recuperare il 20% di 80 centesimi di euro, quando poi si scopre in televisione che bisogna aspettare che la Parmalat fallisca per scoprire che il suo patron era un delinquente o che Consorte non era quel banchiere spirituale che tutti credevano solo perché teneva le mutande politicamente corrette al color fulmicotone.

Questa è l'Italia o come disse una volta Montanelli, l'Italietta.

Per approfondire: