Me pizzica, me mozzica, me devo da sfogà...

giovedì 16 dicembre 2010

Risparmi e capitali, evasioni e ritardati pagamenti: come i giornali generalisti e la vulgata trasformano i criceti in mostri...

Qualche giorno fa ad un mio caro amico è successo quello che capita un po' a tutti: dal suo account MySpace è stato contattato da un finto Tom Anderson, creatore del famoso social network, che gli diceva, ovviamente in inglese, che aveva vinto 300.000 dollari e che se spediva indirizzo, e-mail e numero di telefono ad un certo indirizzo di posta elettronica oltre a ricevere il premio già vinto avrebbe partecipato all'estrazione di un super premio da 2 milioni di dollari.

Al di là delle considerazioni (quando si è a corto di soldi e si hanno problemi si accetta di credere un po' a tutto) nell'e-mail c'era scritto che MySpace avrebbe aperto un conto corrente a Londra appositamente per far avere il denaro del premio al mio amico: qui si apre una parentesi particolare.

Va detto che non è la prima volta che si sente una cosa del genere, nell'ambito di un caso di truffa phishing: tutto dipende da una particolare realtà internazionale data dal concetto di moneta forte, export, trading e tassazioni delle transazioni tra differenti valute.
Per farvela breve, nelle transazioni tra stati extra-UE e nazioni comunitarie, la triangolazione con banche della Gran Bretagna è frequente se gli acquisti sono fatti in Dollari Americani o Dollari Internazionali (quel conio che la Bank of America emette per quelle nazioni che ne fanno richiesta): poi da Londra si può effettuare un banale prelievo in Euro, anche se la vera transazione è stata fatta tra Dollari e Sterline. Va detto che la pratica, sarà sospetta, sarà curiosa, ma è perfettamente legale ed è data dal fatto che probabilmente Sua Maestà Britannica avrà un qualche accordo con gli Yenkee che l'Eurozona non ha e che, per quanto ci vogliano raccontare il contrario, è da deficienti fare una transazione extra europea nella nostra valuta, troppo cara.

Conoscendo la cosa mi sono preoccupato di controllare se per caso in Inghilterra non fosse possibile aprire conti bancari senza presentarsi in agenzia: sembra di no, sebbene questo non impedisca di sfruttare lo stesso le generalità di una persona distante due ore di aereo per poter smentire di essere lui quello che compila i moduli.

Ma nella ricerca mi sono imbattuto in una di quelle classiche, oziose, paginette di Yahoo! Answers, in cui un utente pone una semplice domanda: posso aprire un conto corrente in Inghilterra dove poter avere il pagamento di interessi attivi su una piccola somma di denaro?

Potete immaginare le risposte: "No, è illegale trasferire capitali all'estero"; "Eccone un'altro che vuole evadere il fisco" ed altre cretinate simili.

In Italia le banche si fregano oltre il 10% trimestrale di tasso debitore su un conto corrente ordinario e riconoscono, mediamente, lo 0,05% annuo di interessi attivi: risultato? Tenere i soldi in banca serve solo come alternativa al salvadanaio.
All'estero, invece, le banche permettono ancora oggi di usare il conto per ottenere dei soldi derivanti dai tassi creditori.
Quindi la domanda dell'utente di Yahoo! non è tanto peregrina, ma gli altri utenti gli consigliano di aprirsi Conto Arancio e gli dicono che portare capitale all'estero è illegale.
Perché?
Perché lo hanno letto sul quotidiano e glielo hanno detto i programmi di approfondimento televisivo.

Giusto per farvi un'altro esempio, mesi fa mi guardavo una bella puntata di Report sulla GERIT, l'azienda che fa il recupero crediti per gli enti pubblici e per l'Agenzia delle Entrate. Davanti allo sportello una signora viene intervistata: a causa di una fantomatica cartella non pagata di poche centinaia di Euro ha scoperto che da due anni l'auto aziendale ha il fermo amministrativo. Lo ha scoperto per caso, perché doveva vendere l'auto e gli hanno detto che non poteva farlo. Niente di strano, tutto sommato: basta pagare le poche centinaia di Euro, e giustamente lamentarsi di non aver mai ricevuto la notifica di pagamento per ben due anni.

Ma l'intervistatrice pone una domanda bislacca: "Lei è un'evasore fiscale?"
La signora la guarda perplessa e risponde: no, semplicemente non mi hanno notificato la cartella esattoriale e non riescono a trovarla. Dov'è l'evasione?
Ma i giornali e la televisione ci dicono che se ti trovi davanti allo sportello della GERIT ed hai la partita IVA, sei un evasore.

I giornali stanno lì per dare da lavorare a chi li fa.
Non sono paladini della giustizia sociale; non hanno sempre ragione; non forniscono tutte le risposte, anzi, vi dirò di più, facendo un atto di lesa maestà giornalistica, spesso le opinioni dei noti e blasonati giornalisti italiani sono delle castronerie abissali.

Il problema del giornalismo italiano è che non è d'inchiesta, non è informativo, ma è opinionistico. Noi legiamo le opinioni di un Pinco Pallino qualsiasi che a causa della scoppola che ha versato all'Ordine dei Giornalisti, sale sul pulpito e qualunque peto emette dalle labra deve valere come oro colato.

Risultato? 12 mila e 500 Euro diventano un capitale da non esportare in un paradiso fiscale come la Gran Bretagna e 300 euro diventano un'onta da pagare col seppuku!

Al di là che 12 mila e 500 euro, possono al massimo essere i risparmi di 4 o 5 anni di un qualsiasi giovane a 1000 euro al mese che non ha debiti e non ha famiglia e che riesce a non spendere 250 euro al mese, tenendoseli da parte; al di là che i 5 milioni di impiegati pubblici creano milioni di cartelle esattoriali senza capo ne coda a causa di incuria ed incapacità tutti gli anni, mandando in tilt le esattorie di tutta Italia, quello che veramente preoccupa è la faciloneria con cui la maggior parte degli italiani vive.

Nella continua ricerca di sentirsi appagati nell'avere un sicuro nemico, ci si riduce a farsi la guerra tra poveri.
Parliamoci chiaro: anche la Danimarca sembra un paradiso fiscale rispetto all'Italia (hanno una tassazione con aliquote IDENTICHE alle nostre, sono solo gli stipendi che sono 4 VOLTE i nostri ed un costo della vita che è circa la metà del nostro...), ma se ho uno stipendio e decido di aprirmi un conto a Copenaghen invece che a Roma, non sto portando "un capitale" all'estero: su quei soldi, le tasse sono state già pagate ed al massimo decido di non incollarmi le spese bancarie italiane.

Il punto è lì: non mi vedrò detrarre bolli allucinanti, IVA da capogiro, non mi ritroverò a pagare 5 euro per un estratto conto. Questa è evasione? No, è libero mercato.
Posso comprare un'auto in Francia o in Germania e poi portarmela in Italia? Sì. Stesso Codice della Strada, stessi standard d'immatricolazione. Che cambia? Mi costa di meno, ed anche di parecchio.
Posso fare benzina in Austria? Sì. Perché? Perché non hanno i ridicoli balzelli che paghiamo noi.
Dov'è il problema?
Il problema è che l'erba del vicino è sempre più verde ed agli italiani questo da fastidio.
Quante volte avete sentito dire: "No non compro nel negozio sotto casa. Perché dovrei dare i soldi a quello là? Vado al centro commerciale". A me capita spesso.
Risultato di questa bella pensata? In Italia la vita media di una start-up si è ridotta ad appena 6 mesi! Avete capito bene: nei primi anni '90 era di 7 anni.
Così tutto quello che ci sembra anche vagamente ingiusto diventa illegale: aprire un conto in banca in Gran Bretagna? Illegale come avere un conto anonimo alle Cayman. Non è vero? Non importa.

Così i risparmi di una vita diventano un capitale illecito: sapete chi ha avuto il danno maggiore dall'introduzione dei massimali sui libretti di risparmio postali? Pensionati e ragazzini.
Il massimale di 12.550 Euro era stato introdotto perché venne scoperto un caso di parecchi libretti aperti dalla mafia con ingenti somme di denaro sporco depositato dentro. Siccome i libretti permettevano di non dichiarare la provenienza, venivano usati per il riciclaggio.
Che pensate che hanno fatto le cosche?
Chi pensate che si è trovato i risparmi di una vita spariti dall'oggi al domani?

Il punto, sempre quello, è che forse dovremmo cominciare a fare tutti quello che viene fatto anche all'estero: pretendere una burocrazia composta da poche, semplici e facilmente eseguibili formalità ed una giurisprudenza accessibile a chiunque. Sì perché è inutile che ci continuino a raccontare la storia che il nostro sistema è il più sicuro, perché sappiamo tutti che non è così.

Il nostro sistema è quello che permette al più cencioso impiegato comunale di impedire ad un cittadino di aprire un'attività commerciale perché gli fornisce le informazioni a spizzichi e bocconi e non tutte insieme.
Siamo il paese dove spostare una porta dentro casa, da una parete ad un'altra, ha un costo medio di 18.000 euro.
Siamo il paese dove ti fanno una multa da 500 euro se non hai esposto gli orari del tuo esercizio commerciale con il pannello che ti da il Comune, anche se sono 8 mesi che ne hai fatta richiesta ed al Comune li hanno finiti.
Siamo il paese dove se ad un controllo risulta tutto in regola, stai certo che hai fatto incazzare i controllori e che ti faranno la posta fino a beccare almeno una mancanza, perché non è accettabile che un esercente non becchi almeno una multa l'anno.
Siamo il paese dove se ti compri un vecchio fuoristrada usato ti rompono le scatole tutti, trattandoti come un arricchito evasore fiscale, ma nessuno si domanda come facciano certi sindacalisti ad avere la Maserati e la barca a vela da 20 metri dichiarando uno stipendio di 20.000 euro annui!!!

Ecco la domanda topica è: stanno davvero facendo la guerra all'evasione fiscale oppure stanno solo facendo finta, limitandosi agli scontrini del latte e del caffè?

Un'indagine di Krls Network of Business Ethics per conto di 'Contribuenti.it' fa emergere dei dati molto sconfortanti: l'Italia è la nazione europea dove si evade di più. Ma dall'analisi dei dati emerge soprattutto un dato fondamentale, quello della mappa degli evasori, non tanto geografica, quanto del profilo professionale: i miti televisivi crollano inesorabilmente.

Su un totale di 159 Miliardi di euro al 2009 l'evasione è così distribuita:

Industriali: 32,8% del totale dell'evasione nazionale;
Bancari ed assicurativi: 28,3%;
Commercianti: 11,7%;
Artigiani: 10,9%;
Professionisti: 8,9%;
Dipendenti: 7,4%.

I risultati parlano chiaro: il 61,1% dell'evasione annuale italiana è responsabilità del settore industriale e di quello del credito e cioè chi muove i grandi capitali.

Di domande che sorgono spontanee ce ne sarebbero tante, ma le risposte mi sembrano perfino scontate. Questo tipo di statistiche dimostrano quale sia la realtà delle cose: guardare in cagnesco il barista solo perché vediamo le volanti della GdF davanti alla porta del locale è ridicolo, come è ridicolo la sequela di trabocchetti e di appostamenti che spesso i controllori fanno per riuscire a cogliere in fallo il commerciante per lo scontrino non fatto o non ritirato o per il bollettino pagato in ritardo o non pagato perché mai consegnato, sprecando intere giornate di lavoro per recuperare il 20% di 80 centesimi di euro, quando poi si scopre in televisione che bisogna aspettare che la Parmalat fallisca per scoprire che il suo patron era un delinquente o che Consorte non era quel banchiere spirituale che tutti credevano solo perché teneva le mutande politicamente corrette al color fulmicotone.

Questa è l'Italia o come disse una volta Montanelli, l'Italietta.

Per approfondire:

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