L'articolo in questione è Addio alle aragoste fresche: un processo ad un ristoratore per averle tenute vive su ghiaccio a firma, appunto di Marista Urru. Vorrei inanzitutto far capire che Er Mozzichetto è uno spazio su cui gli autori dei post esprimono opinioni basate su ciò che il mondo esterno ci dice tramite i comuni mass-media (giornali, radio, TV, Internet): questo significa che se i giornalisti pubblicano informazioni errate, va da se che difficilmente si possono avere idee chiare, ma se tutti stessimo zitti per questo, nessuno potrebbe correggere le storture che vengono dette e scritte.
Il Sig. Vito Marino scrive:
Sig. Lippi
solo adesso ho letto sul blog la sua lettera sugli astici e dato che il blog non accetta il mio post, mi permetto di risponderle su questa pagina.Lo Stato si è pronunciato in questo modo:
La prassi di porre in vendita crostacei e pesci vivi sui banchi, fuori dagli acquari adeguati, è una pratica fuorilegge e crudele, rivolta verso animali che, privi della parola, non possono far sentire le loro proteste.
Il Decreto Legislativo 30 novembre 1992, n. 531 (Gazzetta Ufficiale n. 7 del 11/01/1993), emesso in attuazione della direttiva 91/493/CEE, applicabile alla produzione e commercializzazione dei prodotti della pesca, così recita all’art. n. 4:
“PRESCRIZIONI PER ANIMALI VIVI” – i prodotti della pesca destinati ad essere immessi vivi sul mercato devono essere tenuti costantemente nelle condizioni più idonee alla sopravvivenza.
Ed ancora l’ORDINANZA del 2 marzo 2000 del Ministero della Sanità (requisiti igienico-sanitari per il commercio dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche – G.U. n° 56 del 8 marzo 2000) così recita all’art. 6, comma 1, lettera c: (prodotti della pesca)
1. i prodotti della pesca devono essere mantenuti a temperatura di regime di freddo per tutta la durata della vendita, del trasporto e durante la conservazione;
2. è consentita la conservazione dei prodotti della pesca in regime di freddo per mezzo del ghiaccio purché prodotto con acqua potabile;
all’art. 6, comma 1, lettera e : (prodotti della pesca e dell’acquacoltura vivi)
1. la vendita di prodotti della pesca e dell’acquacoltura vivi deve avvenire in costruzioni stabili attrezzate in modo esclusivo per questa attività o comunque in un locale nettamente separato dalla vendita di alimenti;
2. gli acquari a tenuta stagna, devono essere dotati delle necessarie attrezzature per il mantenimento delle idonee condizioni di vita dei prodotti detenuti;
Se non fosse sufficientemente chiaro, la sentenza della Cassazione, Sez. III Pen., ud. 14 marzo 1990, Est. POSTIGLIONE, recita tra l’altro:
non sono punibili ex articolo 727 C.p. (ammenda da 1032,00€ a 5160,00€) soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali (come suggerisce la parola “incrudelire”) o che destino ripugnanza, ma anche quelle condotte ingiustificate che incidono sulla sensibilità dell’animale, producendo un dolore, pur se tali condotte non siano accompagnate dalla volontà di infierire sugli animali ma siano determinate da condizioni oggettive di abbandono o incuria.
Ed ancora la sentenza n. 1906 Reg. Gen. N. 9216/67 della Corte di Cassazione, ha confermato la condanna di primo grado per il titolare di una pescheria che “aveva incrudelito verso dei pesci, lasciandoli in recipienti contenenti pochissima acqua, prolungando così l’agonia con contrazioni e sussulti per la lenta asfissia”.
Il reato di cui all’articolo 727 del Codice Penale, prendendo in considerazione il concetto ampio di ”maltrattamento”, non punisce soltanto gli atti di sevizie, torture, crudeltà, caratterizzati dal dolo ma anche quei comportamenti colposi di abbandono ed incuria, che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali, quali autonomi esseri viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore, come alle attenzioni amorevoli dell’uomo.
E ANCORA
ANIMALI: MALTRATTA ASTICI IN VENDITA, CONDANNATO COMMERCIANTE
Venivano tenuti in contenitori polistirolo senza ghiaccio
4 Aprile 2006
(Ansa)
Il Tribunale di Aosta ha dato ragione al Nucleo Ispettivo della Capitaneria di Porto di Savona condannando, ai sensi dell'art. 727 del Codice Penale, il titolare di una pescheria di Aosta al quale era stato contestato il maltrattamento di alcuni astici posti in commercio, vivi, in un semplice contenitore di polistirolo e, unitamente a molluschi bivalvi, in pochissima acqua e privo di alcun sistema di refrigerazione.
In sostanza è stata accolta totalmente la tesi sostenuta dalla stessa Capitaneria di Porto di Savona secondo la quale "pur non esistendo una normativa specifica che indichi il giusto trattamento da tenersi per la conservazione dei crostacei vivi, quindi che tuteli la loro sopravvivenza in condizioni tali da non essere sottoposti 'a strazio', la loro conservazione sul ghiaccio costituisce una sorta di 'ibernazione' con riduzione drastica del metabolismo basale, associata a ipoestesia sensoriale e riduzione dei fenomeni inerenti allo stress da cattura e da trasporto".
"Tale metodo di conservazione - dice ancora la Capitaneria -, sebbene non unanimemente riconosciuto dai tecnici in materia quale miglior metodo di conservazione, è certamente ritenuto idoneo a garantire l'igiene e la qualità del prodotto evitando inutili - nel senso di non necessarie - sofferenze all'animale per mantenerlo vivo".
L'operazione è stata possibile anche sulla scorta delle informazioni tecnico specifiche ottenute da varie Facoltà di Medicina Veterinaria d'Italia.
SONO D'ACCORDO CHE PUO' SEMBRARE RIDICOLO TENERLI NELL'ACQUARIO E POI CUCINARLI VIVI, PERO' L'ASTICE PUO' VIVERE ALCUNI GIORNI FUORI DELL'ACQUA , QUINDI SE VIENE TENUTO IN ACQUARIO LE SOFFERENZE SARANNO MINORI - SECONDO ME ANDREBBERO VENDUTI SOLO CONGELATI TUTTI I CROSTACEI - CORDIALI SALUTI - vito marino - ANPANA - associazione nazionale protezione animali natura ambiente
Egregio Sig. Marino, la ringrazio per le dettagliate delucidazioni che mi ha inviato e posso capire anche la sua posizione in merito alla questione di vendere solo crostacei congelati per farli soffrire il meno possibile, ma mi permetto anche di farle un appunto su una questione che ho sempre ritenuto fondamentale e con cui avvolte mi picco con cari amici che hanno idee uguali alle sue: la responsabilità.
Se si decide che una cosa non deve più essere fatta perché contraria ai principi della società in cui si vive, si deve obbligatoriamente avere:
- la responsabilità di sopperire ai danni arrecati a quei terzi che prima della decisione, rimanendo nella legge, praticavano ciò che in seguito è stato vietato;
- la responsabilità di informare tutto il settore interessato adeguatamente;
- la responsabilità di rendere tali informazioni sempre accessibili e fruibili anche ai neofiti della materia;
- la responsabilità di auto-indicarsi come coloro che hanno storicamente interrotto una tradizione o un intero settore merceologico per una questione morale e sociale.
Dunque, giusto che il ristoratore sia punito se sbaglia; meno giusto che quando si apre una qualunque attività commerciale e l'esercente chiede informazioni, queste gli vengano negate e date col contagocce nella speranza di farlo cadere in fallo e fare cassa (e questo ancora nessuno è stato in grado di dimostrarmi che non è vero...).
La ringrazio nuovamente; le porgo i miei cordiali saluti e di seguito posto anche il link alla sua associazione nazionale perché mi sembra doveroso ed interessante.
Claudio Lippi
Associazione Nazionale Protezione Animali Natura Ambiente - ONLUS: http://www.anpana.it