Me pizzica, me mozzica, me devo da sfogà...

mercoledì 3 febbraio 2010

Nuovi hobbies: autocostruirsi l'automobile scaricando i progetti da Internet

Tempo fa avevo scritto un articolo sulla casa autocostruita: lungi da essere una battuta scherzosa, era invece un argomento serissimo sulla sempre più frequente pratica di riunirsi in gruppi di lavoro anche per costruire una cosa come la propria casa, avendo contemporaneamente la sicurezza di avere effettivamente un'abitazione senza essere truffati, disporre di un mutuo per costruire contrattato in autonomia, risparmiare sulla mano d'opera.

Come abbonato al podcast del programma radiofonico NovaLab 24 di Radio 24, mi sono ascoltato il programma di ieri sull'hardware open source, argomento di cui avevo già sentito parlare ed avevo letto qualcosa, più che altro per ciò che riguarda l'informatica e le schede logiche. Mai avrei pensato che ci sarebbero stati progetti più grossi di un PC realizzati con un approccio simile.

Ma che cos'è l'open source?
Siamo abituati a collegare il termine open source coi software: generalmente, nella vulgata comune, con questo termine s'intendeno programmi per computer gratis e nati per l'ambiente Linux. Visione, questa, sbagliata e limitata, spesso non corrispondente al vero.

Per Open Source (letteralmente "sorgente aperto") s'intendeva originariamente quel software di cui venivano distribuiti anche i files sorgente con i listati originali del codice che aveva generato la distribuzione. Il motivo del perché fare una cosa del genere è quasi filosofico: se ho i sorgenti e voglio migliorare il software od adattarlo alle mie necessità posso farlo. Ovviamente quest'idea generava vantaggi e svantaggi, soprattutto di natura attributiva delle opere e diede origine a tutto quel vasto e complesso mondo che oggi viene appunto riunito sotto questa comune dizione. Un mondo basato su licenze pubbliche che permettono di legare il proprio nome e quello della propria azienda ad un progetto; un mondo che ha creato un suo particolarissimo sistema di bussiness, basato molto sul concetto di indotto, ma che ha avuto la capacità di far sorgere vere e proprie multinazionali.
Sì perché con l'Open Source ci si può guadagnare, ed anche parecchio, al punto che oggi nomi come Red Hat, Novell o Sun Microsystem è capace che li conoscono un po' tutti. Nell'Open Source hanno creduto grandi nomi come IBM, Apple e perfino Microsoft. Moltissimi siti internet del mondo si basano su piattaforme totalmente o parzialmente Open Source: dal CMS al Server alla posta elettronica. Per non parlare del browser con cui li visitiamo che sepre più spesso è FireFox.
Avvolte questi prodotti sono gratuiti perché ottengono guadagni in altro modo o perché il loro scopo è quello di creare indotto ed è l'indotto a farli sopravvivere apportando continui aggiornamenti. Un esempio sono proprio i CMS: possono sopravvivere di sole sovvenzioni e potenziarsi grazie al lavoro di quegli sviluppatori che poi si faranno pagare dai propri clienti per installarli e mantenerli.

...E l'hardware?
Da anni in Internet si discute sul fatto che la proprietà dei brevetti sulle invenzioni causa un aumento dei prezzi delle componenti informatiche: le continue battaglie legali che sorgono a livello internazionale ogni qualvolta che un nuovo prodotto viene immesso nel mercato sono il segno di un problema, che sfocia in una limitazione nella possibilità di ideare ed evolvere nuovi prodotti e nuove tecnologie svincolate dall'ottica del marchio, della major industriale.
Il mondo del software e di Internet in particolare insegna che non c'è necessità di avere paura di distribuire liberamente un'idea od un progetto: non solo non si rinuncia al bussiness, ma si crea innovazione, si spingono altre menti a trovare soluzioni per migliorare, si crea un melting pot di idee che conducono ad un prodotto più moderno, innovativo, potente ed adatto a risolvere problemi anche nella vita di tutti i giorni.
Si può fare qualcosa di simile con l'hardware, con l'oggetto fisico, solido? Qualcuno si è risposto di sì e pensando che in fin dei conti, gli oggetti nascono da dei progetti ed i progetti sono dei documenti (cartacei o digitali, non fa differenza), ha ben pensato di distribuire gratuitamente su Internet i progetti di alcune invenzioni.
La tendenza è stata tale che se inizialmente si è partiti con schede logiche come il progetto Arduino, e dopo un poco si arriva ai moduli componibili e ad un cellulare, ormai, con lo stesso principio sono distribuiti i progetti delle automobili.
Automobili filosoficamente corrette, s'intende, ecologiche, economiche, ecosostenibili ed open source!

Piccole ed ecologiche
Su internet si trovano due modelli: il primo, segnalato da NovaLab 24, è Riversimple, progetto americano per una minicar con motore ad idrogeno di ridottissime dimensioni. Non aspettatevi niente di che: è brutta, come la maggior parte di queste automobiline. Chi le progetta si focalizza sulla tecnologia e tralascia i fronzoli estetici. Parte dal presupposto che piccolo vuol dire economico perché composto da poco materiale. Concettualmente è anche vero e poi, visto il principio Open Source del progetto, a dargli una sistemata estetica, non ci vuole molto, basta solo volerlo e scrivere una bella e-mail (in inglese) e vedrete che anche questo tipo di apporto sarà gradito. Intanto è interessante vedere cosa sono riusciti a fare in due, appoggiandosi ad una community on-line. Perché è proprio il discorso community = soluzione che è fondamentale in questo tipo di progetti: si costituisce un progetto e poi si cerca di coinvolgere altri tramite Internet per poter apportare contributi per risolvere problemi. L'ingenere che vi da una dritta, il meccanico che vi lascia un consiglio, l'elettrauto che vi spiega lo schema di un impianto, il chimico che vi delucida sui processi per usare l'idrogeno come carburante. Tutti uniti insieme con uno scopo comune, partendo dalla folle idea estemporanea di due ragazzi americani.

Poi c'è l'approccio "scientifico", universitario, tipico di noi europei, che pregni di dottologia, subito mettiamo in mezzo i professoroni: ecco così l'altro progetto dal sapore meno fai-da-te, c,mm,n (si pronuncia "common", cioè "comune, frequente, ordinario" in inglese). Progetto nato da un consorzio di università olandesi che coinvolge studenti, scienziati, ricercatori e comuni internauti, usati però per avere feedbacks sulle scelte adottate: il risultato è una concept car elettrica delle dimensioni di una Smart, ma brutta pure lei (la Riversimple era brutta, ma la cosa aveva la giustificazione del modellino fatto in scratch... qui invece si vedono tutti gli stilemi delle due volumi emule della Renault Kangoo).

Vabbé, gli americani, ovviamente, non potevano venir meno ad uno dei dogmi fondamentali della loro cultura: ce piacciono grosse (le macchie! che avevate capito?)! Ecco quindi un progetto open source di automobile che però a realizzarla un po' si paga, circa 35.000 $: cifra giustificata dal fatto che è tutto fuorché ecologica ed è un mostruoso super fuoristrada da far concorrenza alla Cajenne. Si chiama Rally Fighter (auto sborona, nome sborone...) ed è progettata integralmente da una piccola azienda, la Local Motors.


Ed in Italia?
Ma credete davvero che dalle nostre parti si possa scaricare un piano costruttivo di un'auto ed assemblarla a casa seguendo un tutorial e poi circolarci? Ma fatemi il piacere!!! Non pensateci neanche!
E la motorizzazione? E l'inquinamento? E la sicurezza stradale? E la FIAT?
Che dite? Le prime due sono elettriche? C'avete ragione! E l'ENEL?
No. Da noi niente automobili open source... ma un mezzo di trasporto basato su questa nuova filosofia di distribuzione dei progetti c'è! Non ve l'aspettavate, eh?!
Nasce, ovviamente, dall'ambito accademico, frutto di una ricerca universitaria ed è la bicicletta ad acqua.

Che dite? Come che roba è?
No... no... non è 'na bici che se move con l'acqua così voi nun pedalate, brutti sfaticati che nun siete artro!
A vederla bene pare quello che sembra... cioè mi spiego, vorrei nobilitarvela, ma in sostanza si tratta di ciò che si vede in foto... un pedalò.
Vabbé dai... e non fate così... che centro io? Che v'aspettavate? Ringraziate er padreterno che questo ve offre er convento, no?
Ecologica, è ecologica, nun c'è dubbio... gas inquinanti non ne emette, a meno che non abbiate mangiato pesante, ma d'Estate, col caldo, non penso che vi cibiate di fagioli con le cotiche sulla spiaggia... poi fate vobis... complimenti se ci riuscite... che intestino portentoso il vostro.

In somma! Qui è una questione di principio! Ed il princio è che la The Open Waterbike, sebbene sia un pedalò monoposto, è un progetto per un mezzo di trasporto open source! E non insultate!!!

Vi lascio con un bel link, Harkopen, dove troverete tutti i progetti di hardware opensource che più vi pare e piace. Buona visione.


2 commenti:

Unknown ha detto...

la Open Waterbike: un pedalò... ma efficiente come un singolo olimipico - con la differenza che tutti la sanno usare e si naviga guardando avanti e non dietro...
provarla per credere

Claudio Lippi ha detto...

Finalmente un feedback e pure positivo su questo progetto italiano che avrà fatto sorridere in tanti, ma ha sicuramente i suoi estimatori. In Italia si adorano i pedali: confesso la mia ignoranza sportiva, ma a vederla così, non mi stupirei se si creassero (o che esistano già) tornei ufficiali di questa disciplina.

L'unico mio rammarico è che nel nostro paese, questo sia l'unico progetto Open Source, che impallidisce a confronto con gli altri proposti (escluse le schede logiche): la colpa non è da imputare ai progettisti di Open Waterbike, ma alle nostre leggi, ridicolmente restrittive.

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