Me pizzica, me mozzica, me devo da sfogà...

domenica 12 luglio 2009

Buena Vista Social Club: il piacere della musica nel farla e nell'ascoltarla


Personalmente non suono, non ci ho neanche mai provato e non ne ho mai sentito la mancanza, però ascolto musica, tanta anche se non sono né un esperto né un buon conoscitore di generi personaggi e stili. In somma, sono come la media delle persone che ascoltano musica, buona musica, per il solo piacere di ascoltarla. Ogni tanto vado ad ascoltarla dal vivo, perché rispetto ad un disco, si crea un rapporto particolare col musicista: non so se l'avete mai notato, ma tra il lavoro "finito" dell'artista ed il poterlo osservare all'opera, c'è una grande differenza. Dal vivo puoi quasi percepire se l'artista ci mette passione o semplicemente fa quel che fa per campare.

Ieri, Sabato 11 luglio, all'Auditorium Parco della Musica di Roma (il progetto di Renzo Piano in parte contestato ed in parte osannato come tutti i lavori del famoso architetto italiano) si sono esibiti i musicisti ed i cantanti di una delle orchestre più famose del mondo: il Buena Vista Social Club.

La banda del club Buena Vista (storico circolo culturale e sociale dell'omonimo quartiere dell'Avana a Cuba) è diventata famosa, soprattutto da noi, dopo la seconda metà degli anni '90 per merito di un bel documentario di Wim Wenders ("Il cielo sopra Berlino", "Lisbon Sory", "Cos' lontano, così vicino") sulla registrazione con l'aiuto di Ry Coodder di un disco che riuniva appunto tutti i più importanti maestri del club in studio cimentandosi nel repertorio più classico della musica cubana da ballo e non.

Di quella formazione in tanti non ci sono più, rimpiazzati da elementi più giovani allievi di quei Maestri, epperure di quella formazione esistono ancora oggi Barbarito Torres e Manuel Mirabal: vederli dal vivo è uno spettacolo. Un po' perché non siamo più abituati a vedere del virtuosismo musicale, un po' perché restiamo stupiti nel vedere persone anziane ancora così dinamiche e capaci di stare in piedi anche due ore per suonare la tromba a settant'anni, ma soprattutto perché sempre più spesso ci manca di vedere persone che fanno quel che fanno per piacere e divertimento personale, più che per guadagno.

"Virtuosismo" ha generalmente il senso di un esempio di bravura "tecnica" fine a se stesso: Barbarito Torres pizzica le corde come fosse tutt'uno con la chitarra perché gli piace farlo e si vede. Manuel Mirabal magari balla sul palco quando non suona la tromba perché si diverte. I più giovani cantano e ballano cercando di coinvolgere il pubblico (cosa che gli riesce facilmente anche con un pubblico timido come quello italiano) non tanto per "spettacolo", ma perché gli gusta avere un pubblico partecipe. In somma, salgono sul palco, suonano e ballano perché è la passione della loro vita, e si vede.

A vederli ballare, belli anzianotti con la pelle scura, bruciata e rugosa ricordavano tanto dei vecchi stregoni indiani intorno al fuoco e mi sono ricordato anche di un paio di cose lette tanti anni fa su un libro di Castaneda (tanto disprezzato autore di testi presunti esoterici, presunti antropologici ed odiati sia dagli uni che dagli altri...): "vivi come se ogni giorno fosse l'ultimo". Vero: sul palco tutti si cimentavano come se fosse stata la migliore ed unica occasione di divertirsi, e magari già questa sera stanno suonando da qualche altra parte. Sembrano vivere pienamente la loro vita, ed è un bell'insegnamento.

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