Me pizzica, me mozzica, me devo da sfogà...

domenica 19 dicembre 2010

Addobbi natalizi fai-da-te: basta poco, che ce vo'?

christmas ballsphoto © 2007 Guy | more info (via: Wylio)L'anno scorso ho scritto un bell'articolo sui presepi che ha collezionato un numero impressionante di letture e devo ammettere che non me lo aspettavo: evidentemente vi piace da impazzire smucinare con le vostre manine per realizzare oggettini per il Natale. Sebbene un po' in ritardo, ho deciso di mettermi a scrivere una nuova guida, ma sta volta sugli addobbi.

Sono partito dai ricordi di bambino, sull'albero e su quegli altri elementi che caratterizzano le nostre case nei giorni di festa: siccome è un periodo un po' fosco, ho pensato che fosse gradita un po' di allegria, visto che i miei ultimi post sul blog erano un po' troppo legati alle magagne burocratiche e fiscali del Paese.
Mi sono così ricordato di quando da piccolo in casa al posto dell'abete, decorammo un ramo di albero di Giuda e così ho fatto un po' di ricerche on-line per trovare siti con idee carine da segnalarvi.

L'albero
Per prima cosa va detto subito che l'albero di Natale è una tradizione di cui si hanno notizie certe solo dal XVI secolo, provenienti da alcune cronache di Brema del 1570, sebbene la città di Riga vanta di essere la prima ad averne realizzato uno nel 1510.
E' abbastanza certo che richiama alcuni riti molto antichi, forse addirittura di origine indoeurpea, e che la simbologia sia legata alla natura del sempreverde che rappresenta il rinnovarsi della vita anche nella stagione invernale.
Il collegamento con la religione cristiana è un po' ambiguo: probabilmente è da ricondurre all'Albero della Vita nel Vecchio Testamento e ad un'interpretazione medievale che vedeva nella figura di Gesù un "albero della vita" per coloro che lo seguivano (Proverbi, 3, 18).

Da noi si usa generalmente l'abete rosso, mentre altrove è abbastanza frequente l'abete comune, ma si usano anche il pino o, addirittura la magnolia (che è anch'essa un sempreverde).

Ovviamente la fonte è la sempre immancabile Wikipedia al lemma "Albero di Natale".

Siamo abituati a dotarci ormai di un albero finto perché economico e tutto sommato ecologico, visto che permette di non abbattere piante vere; oppure, chi può, compra un abete vero con le radici: magari ha un terreno e sa che finite le feste lo toglierà dal vaso e lo metterà in terra.
Per anni a casa mia abbiamo avuto davanti alla cucina uno di questi alberi comprati per Natale: quando la pianta alla fine morì, aveva superato in altezza la casa. Questo per far capire che se si ha voglia e cura si può anche non far morire uno di quegli alberelli da vivaio che si prendono per dare un tono meno "commerciale" a questa festività, magari all'angolo della strada.

Eppure col ricordo in testa mi sono cervellato per trovare questa tradizione di cui mi parlava mia madre sull'uso di un ramo da decorare, al posto del classico albero, magari un ramo di albero di Giuda. A dire il vero non sono riuscito a trovare questa notizia da nessuna parte, però ho questo bel ricordo del ramo tagliato dalla pianta, del tronco di querciolo spaccato usato come base, della vernice argentata per dargli un tono, tralasciando qua e là la bella corteccia, e la palle di natale color argento con i capelli d'angelo ed i cristalli di vetro che pendevano: con le luci si otteneva un effetto veramente favoloso e nuovo, rispetto al classico alberello.

Come ricreare il tutto? Una guida non c'è, ma qualcuno ha documentato una soluzione analoga: ecco su questo blog la storia di un albero fai-da-te, basato sull'uso di un ramo di pino marittimo, per la felicità dei bambini, uniti in un'avventura domestica da ricordare per anni.

Una curiosa alternativa è quella dell'albero origami: ho trovato questa guida che vi permette di creare un albero di Natale partendo da un unico foglio di cartoncino. Sarà sufficiente qualche colore e qualche addobbo per terminare l'opera.

Chi invece ha la mania della carta può ripiegare su questi alberelli fai-da-te: si tratta di uno spunto piuttosto che di una guida, ma l'idea è simpatica per un Art Attack con abbondante colla vinilica...

Decorazioni per l'albero e non solo
Partendo dal circuito blog.it ho individuato degli aritcoli interessanti su come recuperare addirittura vecchia componentistica informatica per ralizzare dei decori veramente fuori dall'ordinario: possono lasciare un po' perplessi, ma con un pizzico di fantasia si può davvero cavarne qualcosa, soprattutto per gli amanti del modding e del tuning...

I siti femminili sono strapieni di ammeniccoli vari fatti in casa per decorare l'albero: forse l'idea più interessante quella di farli con la lana ed i filati.

Addobbi per la casa
Da ragazzini non poteva mancare il lavoretto fatto a scuola con le mollette di legno: tale pratica era talmente tanto diffusa che ad un certo punto vennero vendute confezioni di mollette già smontate per poter creare scatole e portapenne. Tra i lavoretti classici c'erano proprio questi addobbi natalizi fatti con la pasta secca, e ve li ripropongo come memorabilia delle scuole degli anni '80.

ben più complessi ed aritcolati sono invece i progetti di addobbi realizzabili con i tutorial di Regali di Natale.it: una lunga lista di idee e soluzioni è presente sul sito e si trova di tutto un po', soprattutto centrini e tovaglie, ma anche l'immancabile ghirlanda fatta col patchwork.

Palle di Natale
Al link precedente troverete anche interessanti soluzioni per realizzare delle palle di natale fai-da-te, oltre ad un angioletto per l'albero.
Su un altro sito ho trovato altre idee decisamente interessanti come le palline di vetro decorate a mano e le classiche pigne dorate (ma si possono anche argentare): magari non usate quelle del pino, ma vedete se riuscite a trovare da qualche parte quelle dei cipressi o di altre piante che fanno questi frutti un po' piccoli e di forme tonde o oblunghe.

Sempre con le piante e con le pigne o le bacche è possibile realizzare centrini e ghirlande: sia che usiate piante o altri materiali.

Quest'ultime hanno il loro blogroll (versione telematica della classica bibliografia...): partiamo con un breve passo-a-passo per una ghirlanda classica con un ramo di abete finto, utile per riciclare il vecchio albero di plastica ormai sfasciato e rinchiuso nell'armadio.

Con principi analoghi potete realizzare qualcosa anche con rami di salice, abete o addirittura fil di ferro (tipo arte moderna...).

Sul sito della WebTV della DeAgostini ho trovato un tutorial in stile Art Attack per creare una ghirlanda: oltre al video che ci spiega che fare, c'è un riepilogo scritto e la trascrizione delle cose da fare, anche salvabile in PDF. La cosa buona è che potete vedere altri lavori fatti nella stessa maniera.

Spero che questa carrellata di link possa esservi utile, il resto è a fantasia vostra, ricordando che non serve avere un Muciaccia in casa per riuscire a realizzare qualcosa e che se avete dei figli in casa, dedicare un pomeriggio ad armeggiare col bricolage non può che far bene a voi ed a loro.

I link in questa pagina:

sabato 18 dicembre 2010

Dove andremo a finire? Il modo di ragionare degli italiani è diventato quello delle mafie dei colletti bianchi: qual'è la soluzione?

Domenica scorsa parlavo con un amico della situazione attuale dei lavoratori dipendenti: entrambi non lo siamo più, essendoci messi in proprio, ma lo siamo stati ed a differenza di tanti altri (pure troppi) ci siamo fatti imprenditori per scelta e non perché un qualche datore di lavoro ce l'abbia chiesto. Dalla chiacchierata sono ovviamente venute fuori le solite considerazioni: sono sottopagati, costa un'enormità assumerli, gli vengono fatte proposte assurde.

Badate: se potessi assumere lo farei, e subito, perché mi gioverebbe parecchio avere una persona che mi aiuti nel lavoro, ma avere la partita IVA non significa poter spendere 2.200 euro al mese per un dipendente (perché è questo il costo di un dipendente di medio livello)... come dite? "Da quando in qua un dipendente medio viene pagato 2.200 euro al mese?"
Non viene "pagato", ma "costa" 2.200 euro al mese: poi a lui in tasca se ce ne entrano 900 o 1000 è grasso che cola.
Il mio ultimo CUD diceva esattamente questo: per ogni 875 euro scarsi che mi venivano riconosciute il mio datore di lavoro spendeva tra i 1.850 ed i 2.200 euro (in base al periodo). Nella somma erano incluse, è vero, anche le mie tasse e la mia pensione con tanto di TFR, ma in realtà una certa parte finiva in tasse che il datore di lavoro pagava alla Regione, alla Provincia ed al Comune, perché mi aveva assunto.

Disoccupazione - da altroquotidiano.it

Questa consapevolezza mi lasciò un po' stupito: ero un lusso? Cioè lo Stato riteneva che il mio datore di lavoro si era preso una sorta di sfizio a darmi da lavorare? Lo Stato non si sarebbe dovuto rallegrare che in fin dei conti, grazie a quell'assunzione ero un disoccupato in meno?

Qualche tempo fa guardavo una puntata di Report, programma che adoro e che seguo fin dalla prima puntata con una certa assiduità: si parlava della Gerit e dell'Agenzia delle Entrate. Vi potete immaginare che appena la troupe televisiva si è avvicinata agli sportelli dei pagamenti ti ha beccato subito il tipico caso di cartella di pagamento mai notificata... ovviamente ai danni di un'impresa che si è vista bloccare l'auto aziendale, ma lo ha saputo solo due anni dal blocco (col culo che non hanno avuto incidenti in quei due anni...). La signora allo sportello, rassegnata, vuole pagare, ma prima fa una domanda più che legittima: visto che non ha mai ricevuto la cartella, ne nessuna segnalazione sulla faccenda, chiede di vedere la copia delle lettere che le sarebbero state spedite. E qui la signora fa una cosa che manda nel pallone qualsiasi sportellista: chiede informazioni in merito ad un caso circostanziato e non informazioni generiche da opuscolo, ergo si richiede una ricerca e si da il caso che, a norma di legge, se l'ufficio non riesce a dimostrare che le notifiche siano state spedite, la signora ci mette un attimo a montare un bel casino.
La giornalista ci prova anche lei e partendo dall'assunto che se non paghi, evadi, finisce davanti al dirigente e gli dice "fatemi vedere la notifica, che fate subito bella figura".
La notifica si trova, ma non è intestata all'azienda della signora, ma ad una con un nome simile, quindi la GERIT ed il dirigente che, pieno di spocchia, aveva assicurato che tutto era in regola fanno una figura barbina.
Risultato? Paghi se ti segnalano che devi pagare, se controllano che lo hai fatto veramente e se ti inviano correttamente i reclami, come in tutti paesi tecnologicamente avanzati di questo pianeta, con enti dotati di un CED.

Nel reportage si faceva anche la considerazione che 121 miliardi di euro vengono pagati annualmente da tutti i dipendenti, pubblici e privati, e solo 17 miliardi dalle aziende.

Ritardare i pagamenti
Ora però sorge spontanea una domanda: se per puro caso mi dimentico di fare un F24 o lo faccio con un mese di ritardo, mi becco uno di quei "multoni" da spavento grosso quanto una casa. Eppure l'AdE permette ad alcune aziende, grandi aziende, di versare tasse e contributi con anni ed anni di ritardo senza però infliggergli nemmeno un piccolo aumento.
Tempo fa, notizia poi fatta sparire, saltò fuori che la Roma, squadra di calcio quotata in borsa doveva 400 milioni di euro in tasse al fisco, ma che l'Agenzia gli aveva concesso una dilazione di 7 anni, poi ritirata ai primi momenti di difficoltà finanziaria della società...
A Report si parlava di una grande azienda edile che aveva ottenuto lo stesso vantaggioso trattamento per oltre 2 miliardi di euro (avete letto bene).
Pur ammettendo l'evasione del 90% delle piccole e medie imprese e dei titolari di partita IVA, all'appello mancano 200 miliardi di euro: di questi, l'ISTAT ne imputa 80 proprio alle PMI ed ai liberi professionisti... e gli altri 120? 'Ndo stanno?
Nessuno lo sa, o nessuno lo dice, per vergogna di dover ammettere che presentarsi con due volanti della Finanza davanti al bar sotto casa vostra è più fico che doversi presentare alla sede della grande impresa e domandare dei bonifici all'estero. Viene anche fatto, ma con moderazione e tenendo un basso profilo. E così tutti gli anni facciamo festa quando si e no un quarto del dovuto viene recuperato ed il resto rimane oscuro e misterioso chissà dove ed in mano a chi.
In compenso c'è sempre il discorso condominiale: spalmare su chi paga le quote non versate e poi magari chiudere un'occhio o due sui più elementari principi giuridici di un paese civile, come l'onere della prova all'accusa o la presunzione di innocenza fino a prova contraria. E' molto più facile invertire le cose per impedire all'accusato di difendersi da un'accusa e costringerlo a pagare anche quando non si è fatto nulla per scorprire se è colpevole.
Ma sulle presunzioni l'Italia ha fondato il suo ingresso nell'Euro e tanti oggi se lo scordano.

Reddito presuntivo
Se hai una partita IVA incassi 7.000 euro lordi di attivo.
Come si fa a dirlo? Che ve frega a voi? E' così e basta!
Questo dotto principio ha permesso all'Italia di entrare nell'Euro insieme ad altre menate simili: oggi non è proprio così, ma se all'Agenzia delle Entrate si svegliano al mattino e decidono che sei un evasore fiscale, l'onere di dimostrare il contrario sta a te.
Ti sguinzagliano la GERIT che ti fa una cartella con dei tassi d'interesse identici a quelli di uno strozzino: se devi pagare 500 ti chiedono 1.500. Premettiamo subito che i 1.000 in più non sono solo interessi, c'è dentro altra roba, ma il succo non cambia: se vai da un cravattaro forse ottieni un trattamento migliore.
Altro principio fondamentale dell'esazione pubblica: il burocrate non sbaglia mai. Magari ti sta chiedendo di pagare una multa vecchia di un anno ad un autoveicolo da te venduto 10 anni fa, ma non fa niente... intanto paga, poi farai ricorso. Peccato che se paghi, quando vai dal Giudice, ti senti dire che per legge, pagando hai ammesso di avere la colpa e quindi ti respinge il ricorso. Se sei fortunato e ti viene riconosciuto che non dovevi pagare, i soldi non li rivedrai mai indietro: al massimo di verranno considerati come credito d'imposta.

Al paese mio t'hanno truffato, ma pare che dello Stato non si possa dire ne che ti truffi, ne che ti derubi, ne che sia mafioso o sia uno strozzino. Il comportamento è perfettamente identico, ma non lo si può dire ed io, ligio alle leggi, non lo dico, ma siccome non è illegale farlo, lo penso (ed ora mettetemi il sale sulla coda!).

Mafia
Nel mio ultimo post ho scritto che da una recente indagine risulta che oltre il 60% dell'evasione la fanno industriali e società bancarie ed assicurative.
C'è poco da scherzare su quest'analisi: guardando un bellissimo documentario sulla Banda della Magliana di History Channel emerge un termine che col tempo ci si era scordati, cioè "Mafia dei colletti bianchi".
Il punto focale è che "mafia" non è solo un'organizzazione: anzi a voler essere sinceri, il termine in Sicilia, come in Campania "camorra", indica non tanto una struttura organizzata, quanto un comportamento.
Ci indignamo perché all'Estero ci identificano con la Mafia (organizzazione), ma dovremmo avere il coraggio di ammettere che possiamo essere identificati con la mafia (comportamento).

Quando gli universitari si trovano davanti al figlio o al nipote del professore che fa il ricercatore, quando in azienda vediamo che l'amico del figlio del direttore ottiene la promozione, quando il Sindacato ci chiede di fare lo sciopero per 2 euro all'anno in più in busta paga e poi vediamo il sindacalista girare con un'auto da 40.000 euro, quando le forze dell'ordine si accaniscono sul negoziante e tralasciano la banca affianco, quando l'infermiera ci tratta male solo perché abbiamo chiesto se può darci un antidolorifico, quando l'impiegata dell'INPS ci tratta da cretini solo perché gli abbiamo chiesto perché non arrivano i bollettini di pagamento sebbene dovrebbero spedirceli loro... ecco, lì abbiamo un comportamento mafioso, anche se ad averlo non è Totò Riina o Balduccio Di Maggio, anche se non c'è l'occhio gelido di Crispino o il faccione Der Negro o il bel viso di Renatino. No. C'è la faccia del direttore d'agenzia. Ed è peggio, perché uno sgarro a Renatino De Pedis ti faceva uccidere; uno sgarro al direttore della Banca rovina te e la tua famiglia ab eternum lasciandoti in vita ad agonizzare.
I delinquenti in mimetica sono peggiori di quelli a viso scoperto.

E così mentre ci si sente chiamare ancora "bamboccioni", domandandoci come cavolo si pretende di campare con 1000/1500 euro al mese se non permettono di pagare neanche un affitto ed a malapena ti concedono di avere un'automobile, se i mutui sono ormai tutti trentennali e bisogna sposarsi per poterli pagare ed avere due stipendi per poi campare in un tugurio osceno di 50 metri quadrati pagato quasi 200.000 euro e praticamente indecente anche per starci da soli e scomodo per viverci in due, se avere un figlio significa dover necessariamente chiedere aiuto ai famigliari, se chiedere aiuto ai famigliari, vivendo tutti nello stesso immobile, comporta un aumento dell'ISEE che significa che se vuoi iscrivere tuo figlio all'università devi considerare anche il reddito del nonno e dello zio... ecco se tutto questo è l'Italia dove volete che andremo a finire?

Finiremo sicuramente come la Grecia o, peggio, come l'Argentina di dieci anni fa. Costituiremo micro-mafie famigliari che si forniranno mutuo soccorso per poter sopravvivere in una nazione che spende male i suoi soldi per far campare uno sparuto gruppo di industriali, bancari e baroni come dei re e tutti gli altri come degli schiavi.

Oppure potremmo fare come Mark Renton... sì perché lui ha ragione: vogliamo avere una vita tranquilla, senza pensieri, con poche cose belle e certe, godercela questa la vita, e quindi potremmo prenderci i soldi di tutti gli altri ed andare dritti per la nostra strada, dando di spalle a quest'Italia e costruendoci un bel futuro tranquillo ed ordinario, magari un po' borghese, ma sicuramente con qualche certezza in più rispetto a questa oscura precarietà, altrove, all'Estero in quei paesi normali che ormai, paragonati al nostro, siamo costretti a considerare dei paradisi fiscali, come Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, Canada, Australia e Stati Uniti d'America.

giovedì 16 dicembre 2010

Risparmi e capitali, evasioni e ritardati pagamenti: come i giornali generalisti e la vulgata trasformano i criceti in mostri...

Qualche giorno fa ad un mio caro amico è successo quello che capita un po' a tutti: dal suo account MySpace è stato contattato da un finto Tom Anderson, creatore del famoso social network, che gli diceva, ovviamente in inglese, che aveva vinto 300.000 dollari e che se spediva indirizzo, e-mail e numero di telefono ad un certo indirizzo di posta elettronica oltre a ricevere il premio già vinto avrebbe partecipato all'estrazione di un super premio da 2 milioni di dollari.

Al di là delle considerazioni (quando si è a corto di soldi e si hanno problemi si accetta di credere un po' a tutto) nell'e-mail c'era scritto che MySpace avrebbe aperto un conto corrente a Londra appositamente per far avere il denaro del premio al mio amico: qui si apre una parentesi particolare.

Va detto che non è la prima volta che si sente una cosa del genere, nell'ambito di un caso di truffa phishing: tutto dipende da una particolare realtà internazionale data dal concetto di moneta forte, export, trading e tassazioni delle transazioni tra differenti valute.
Per farvela breve, nelle transazioni tra stati extra-UE e nazioni comunitarie, la triangolazione con banche della Gran Bretagna è frequente se gli acquisti sono fatti in Dollari Americani o Dollari Internazionali (quel conio che la Bank of America emette per quelle nazioni che ne fanno richiesta): poi da Londra si può effettuare un banale prelievo in Euro, anche se la vera transazione è stata fatta tra Dollari e Sterline. Va detto che la pratica, sarà sospetta, sarà curiosa, ma è perfettamente legale ed è data dal fatto che probabilmente Sua Maestà Britannica avrà un qualche accordo con gli Yenkee che l'Eurozona non ha e che, per quanto ci vogliano raccontare il contrario, è da deficienti fare una transazione extra europea nella nostra valuta, troppo cara.

Conoscendo la cosa mi sono preoccupato di controllare se per caso in Inghilterra non fosse possibile aprire conti bancari senza presentarsi in agenzia: sembra di no, sebbene questo non impedisca di sfruttare lo stesso le generalità di una persona distante due ore di aereo per poter smentire di essere lui quello che compila i moduli.

Ma nella ricerca mi sono imbattuto in una di quelle classiche, oziose, paginette di Yahoo! Answers, in cui un utente pone una semplice domanda: posso aprire un conto corrente in Inghilterra dove poter avere il pagamento di interessi attivi su una piccola somma di denaro?

Potete immaginare le risposte: "No, è illegale trasferire capitali all'estero"; "Eccone un'altro che vuole evadere il fisco" ed altre cretinate simili.

In Italia le banche si fregano oltre il 10% trimestrale di tasso debitore su un conto corrente ordinario e riconoscono, mediamente, lo 0,05% annuo di interessi attivi: risultato? Tenere i soldi in banca serve solo come alternativa al salvadanaio.
All'estero, invece, le banche permettono ancora oggi di usare il conto per ottenere dei soldi derivanti dai tassi creditori.
Quindi la domanda dell'utente di Yahoo! non è tanto peregrina, ma gli altri utenti gli consigliano di aprirsi Conto Arancio e gli dicono che portare capitale all'estero è illegale.
Perché?
Perché lo hanno letto sul quotidiano e glielo hanno detto i programmi di approfondimento televisivo.

Giusto per farvi un'altro esempio, mesi fa mi guardavo una bella puntata di Report sulla GERIT, l'azienda che fa il recupero crediti per gli enti pubblici e per l'Agenzia delle Entrate. Davanti allo sportello una signora viene intervistata: a causa di una fantomatica cartella non pagata di poche centinaia di Euro ha scoperto che da due anni l'auto aziendale ha il fermo amministrativo. Lo ha scoperto per caso, perché doveva vendere l'auto e gli hanno detto che non poteva farlo. Niente di strano, tutto sommato: basta pagare le poche centinaia di Euro, e giustamente lamentarsi di non aver mai ricevuto la notifica di pagamento per ben due anni.

Ma l'intervistatrice pone una domanda bislacca: "Lei è un'evasore fiscale?"
La signora la guarda perplessa e risponde: no, semplicemente non mi hanno notificato la cartella esattoriale e non riescono a trovarla. Dov'è l'evasione?
Ma i giornali e la televisione ci dicono che se ti trovi davanti allo sportello della GERIT ed hai la partita IVA, sei un evasore.

I giornali stanno lì per dare da lavorare a chi li fa.
Non sono paladini della giustizia sociale; non hanno sempre ragione; non forniscono tutte le risposte, anzi, vi dirò di più, facendo un atto di lesa maestà giornalistica, spesso le opinioni dei noti e blasonati giornalisti italiani sono delle castronerie abissali.

Il problema del giornalismo italiano è che non è d'inchiesta, non è informativo, ma è opinionistico. Noi legiamo le opinioni di un Pinco Pallino qualsiasi che a causa della scoppola che ha versato all'Ordine dei Giornalisti, sale sul pulpito e qualunque peto emette dalle labra deve valere come oro colato.

Risultato? 12 mila e 500 Euro diventano un capitale da non esportare in un paradiso fiscale come la Gran Bretagna e 300 euro diventano un'onta da pagare col seppuku!

Al di là che 12 mila e 500 euro, possono al massimo essere i risparmi di 4 o 5 anni di un qualsiasi giovane a 1000 euro al mese che non ha debiti e non ha famiglia e che riesce a non spendere 250 euro al mese, tenendoseli da parte; al di là che i 5 milioni di impiegati pubblici creano milioni di cartelle esattoriali senza capo ne coda a causa di incuria ed incapacità tutti gli anni, mandando in tilt le esattorie di tutta Italia, quello che veramente preoccupa è la faciloneria con cui la maggior parte degli italiani vive.

Nella continua ricerca di sentirsi appagati nell'avere un sicuro nemico, ci si riduce a farsi la guerra tra poveri.
Parliamoci chiaro: anche la Danimarca sembra un paradiso fiscale rispetto all'Italia (hanno una tassazione con aliquote IDENTICHE alle nostre, sono solo gli stipendi che sono 4 VOLTE i nostri ed un costo della vita che è circa la metà del nostro...), ma se ho uno stipendio e decido di aprirmi un conto a Copenaghen invece che a Roma, non sto portando "un capitale" all'estero: su quei soldi, le tasse sono state già pagate ed al massimo decido di non incollarmi le spese bancarie italiane.

Il punto è lì: non mi vedrò detrarre bolli allucinanti, IVA da capogiro, non mi ritroverò a pagare 5 euro per un estratto conto. Questa è evasione? No, è libero mercato.
Posso comprare un'auto in Francia o in Germania e poi portarmela in Italia? Sì. Stesso Codice della Strada, stessi standard d'immatricolazione. Che cambia? Mi costa di meno, ed anche di parecchio.
Posso fare benzina in Austria? Sì. Perché? Perché non hanno i ridicoli balzelli che paghiamo noi.
Dov'è il problema?
Il problema è che l'erba del vicino è sempre più verde ed agli italiani questo da fastidio.
Quante volte avete sentito dire: "No non compro nel negozio sotto casa. Perché dovrei dare i soldi a quello là? Vado al centro commerciale". A me capita spesso.
Risultato di questa bella pensata? In Italia la vita media di una start-up si è ridotta ad appena 6 mesi! Avete capito bene: nei primi anni '90 era di 7 anni.
Così tutto quello che ci sembra anche vagamente ingiusto diventa illegale: aprire un conto in banca in Gran Bretagna? Illegale come avere un conto anonimo alle Cayman. Non è vero? Non importa.

Così i risparmi di una vita diventano un capitale illecito: sapete chi ha avuto il danno maggiore dall'introduzione dei massimali sui libretti di risparmio postali? Pensionati e ragazzini.
Il massimale di 12.550 Euro era stato introdotto perché venne scoperto un caso di parecchi libretti aperti dalla mafia con ingenti somme di denaro sporco depositato dentro. Siccome i libretti permettevano di non dichiarare la provenienza, venivano usati per il riciclaggio.
Che pensate che hanno fatto le cosche?
Chi pensate che si è trovato i risparmi di una vita spariti dall'oggi al domani?

Il punto, sempre quello, è che forse dovremmo cominciare a fare tutti quello che viene fatto anche all'estero: pretendere una burocrazia composta da poche, semplici e facilmente eseguibili formalità ed una giurisprudenza accessibile a chiunque. Sì perché è inutile che ci continuino a raccontare la storia che il nostro sistema è il più sicuro, perché sappiamo tutti che non è così.

Il nostro sistema è quello che permette al più cencioso impiegato comunale di impedire ad un cittadino di aprire un'attività commerciale perché gli fornisce le informazioni a spizzichi e bocconi e non tutte insieme.
Siamo il paese dove spostare una porta dentro casa, da una parete ad un'altra, ha un costo medio di 18.000 euro.
Siamo il paese dove ti fanno una multa da 500 euro se non hai esposto gli orari del tuo esercizio commerciale con il pannello che ti da il Comune, anche se sono 8 mesi che ne hai fatta richiesta ed al Comune li hanno finiti.
Siamo il paese dove se ad un controllo risulta tutto in regola, stai certo che hai fatto incazzare i controllori e che ti faranno la posta fino a beccare almeno una mancanza, perché non è accettabile che un esercente non becchi almeno una multa l'anno.
Siamo il paese dove se ti compri un vecchio fuoristrada usato ti rompono le scatole tutti, trattandoti come un arricchito evasore fiscale, ma nessuno si domanda come facciano certi sindacalisti ad avere la Maserati e la barca a vela da 20 metri dichiarando uno stipendio di 20.000 euro annui!!!

Ecco la domanda topica è: stanno davvero facendo la guerra all'evasione fiscale oppure stanno solo facendo finta, limitandosi agli scontrini del latte e del caffè?

Un'indagine di Krls Network of Business Ethics per conto di 'Contribuenti.it' fa emergere dei dati molto sconfortanti: l'Italia è la nazione europea dove si evade di più. Ma dall'analisi dei dati emerge soprattutto un dato fondamentale, quello della mappa degli evasori, non tanto geografica, quanto del profilo professionale: i miti televisivi crollano inesorabilmente.

Su un totale di 159 Miliardi di euro al 2009 l'evasione è così distribuita:

Industriali: 32,8% del totale dell'evasione nazionale;
Bancari ed assicurativi: 28,3%;
Commercianti: 11,7%;
Artigiani: 10,9%;
Professionisti: 8,9%;
Dipendenti: 7,4%.

I risultati parlano chiaro: il 61,1% dell'evasione annuale italiana è responsabilità del settore industriale e di quello del credito e cioè chi muove i grandi capitali.

Di domande che sorgono spontanee ce ne sarebbero tante, ma le risposte mi sembrano perfino scontate. Questo tipo di statistiche dimostrano quale sia la realtà delle cose: guardare in cagnesco il barista solo perché vediamo le volanti della GdF davanti alla porta del locale è ridicolo, come è ridicolo la sequela di trabocchetti e di appostamenti che spesso i controllori fanno per riuscire a cogliere in fallo il commerciante per lo scontrino non fatto o non ritirato o per il bollettino pagato in ritardo o non pagato perché mai consegnato, sprecando intere giornate di lavoro per recuperare il 20% di 80 centesimi di euro, quando poi si scopre in televisione che bisogna aspettare che la Parmalat fallisca per scoprire che il suo patron era un delinquente o che Consorte non era quel banchiere spirituale che tutti credevano solo perché teneva le mutande politicamente corrette al color fulmicotone.

Questa è l'Italia o come disse una volta Montanelli, l'Italietta.

Per approfondire:

giovedì 25 novembre 2010

L'inversione dell'onere della prova: evasione fiscale e canone RAI. In Italia i cittadini sono colpevoli fino a prova contraria.


Il II Governo Berlusconi passerà alla storia dell'Italia per aver invertito l'onere della prova con l'appoggio dei giudici di Cassazione e dell'Agenzia delle Entrate.

Ebbene sì, quello che non riuscì a Mussolini ed ai sessantottini è riuscito al Berlusca! Da circa una settimana è passata una bella legge che rende inutili le indagini fiscali della Guardia di Finanza: i Finanzieri ed il GIP potranno accusarvi di evasione fiscale senza avere l'onere di trovare prove a favore della loro accusa. Dovrete essere voi a dimostrare che non avete evaso. Come? Nessuno lo sa.
Quindi automaticamente, siccome l'unica prova che si può produrre sono le fatture e le buste paga, se si riterranno insufficienti, verrete condannati, giusto o sbagliato che sia. Per gli inquirenti si riduce il lavoro, il Fisco incasserà soldi extra che non gli spettano e tutti quei Pezzi da 90 che potranno permetterselo, la faranno franca.

Fatto il principio, lo si applica felicemente a tutto e così il Ministro Paolo Romani se ne esce fuori facendo sua una proposta Codacons e di Centro Sinistra: caricare il Canone RAI sulla bolletta della luce.
Per non pagarlo dovete dimostrare che non vedete la TV. A questo punto non basterà più affermare di non avere l'antenna e, soprattutto, lo Stato risolverà l'annoso problema insito nel concetto stesso di Canone RAI: "che cavolo è"?

Per chi non lo sapesse il Canone è un incrocio osceno tra una tassa ed un'imposta, spacciata per abbonamento: in teoria devono pagarlo i possessori di tutti quegli strumenti atti o adattabili a riceve il segnale radiotelevisivo nazionale. Peccato che questo includa qualsiasi elettrodomestico con uno schermo ad almeno 16 colori (videocitofoni e cellulari compresi) e qualunque attrezzo che riceva onde radio (in teoria pure il walkie-tokie della Fisher-Price di vostro figlio piccolo...). Risultato? Salvo rari casi, se avete un domicilio vi arriverà il bollettino a casa, presumendo che abbiate uno di questi strumenti.
Per non pagarlo più dovete fare una cosa degna di una barzelletta: vi dovete auto sigillare gli apparecchi in questione. Che significa? Dovete prendere uno scatolone e chiuderceli dentro: poi chiamate gli ispettori della RAI che verranno a timbrare lo scotch che avete usato per impacchettare radio, tv e computer.

Ma questo diventa un bel casino, soprattutto perché costringe degli impiegati RAI a muovere le chiappe: problema questo che in Italia fa andare su tutte le furie i sindacalisti e li mobilita. Solo per farvi un paio di esempi della portata del problema sappiate che le FS hanno più impiegati che tecnici riparatori o controllori ed il Comune di Roma ha più vigili urbani negli uffici che sulle strade a controllare il traffico (causa anzianità di servizio: cioè regala ad ogni marmittone una scrivania dopo 3 anni di direzione del traffico... anche se qualcuno ringrazia visto che notoriamente non brillano in questa loro pratica...). Viva l'Italia!

Dunque, Romani ha deciso di risolvere il problema dei controlli ribaltando l'onere della prova: tutti quelli che hanno un contratto elettrico lo usano anche per dare energia ad uno strumento atto o adattabile a ricevere il segnale TV e quindi devono pagare il Canone. Se non vedono la TV lo devono dimostrare loro: come non si sa e quindi non potranno dimostrarlo e dovranno pagare anche se loro il televisore non lo hanno.

La cosa curiosa sarà al solito per le aziende: quelli dell'ADUC, mesi fa proposero di far pagare il canone a quelle aziende che possedevano un PC. Ora va da se che se siete un ferramenta, quel PC lo usate per fatture e magazzino, non per vederci la TV. Va anche da se che il Canone per le aziende c'è già ed ha un costo doppio rispetto a quello per le famiglie. Risultato? La ferramenta sotto casa, a gestione famigliare, pagherebbe tre canoni: 2 in azienda per un servizio che non riceve ed 1 a casa propria.
Ma l'ADUC questo lo ha valutato? Ovviamente no e poi chi ha una partita IVA è un evasore fiscale fino a quando non dimostra il contrario...

Scampato il pericolo (l'alimentari sotto casa di Vincenzo Donvito si è rifiutato di vendergli i biscotti, pensando al PC del magazzino? Oppure una volta a ristorante si è reso conto che il conto lo fa in automatico un computer collegato al palmare del cameriere?) si presenta questa nuova cavolata, che ovviamente, Romani, notoriamente multimedia-fobico, fa sua.

La nuova proposta è interessantissima, se avete una partita IVA, perché vi costringe a pagare doppio: una volta per la bolletta di casa ed una volta per la bolletta del negozio o dell'ufficio. Aggiungiamo anche che le bollette elettriche bussiness hanno un costo più elevato di quelle domestiche ed il gioco è fatto.

Ma perché un'azienda deve pagare, non solo un servizio che di fatto non fruisce, ma addirittura pagarlo di più?
Alcune recenti sentenze di Cassazione si sono indirizzate in una interpretazione un po' bislacca dell'art. 53 della Costituzione.
L'articolo dice testualmente:

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

In teoria qui si dice tutto e niente: che vuol dire capacità contributiva? Il reddito imponibile. Ma che cosa stabilisce l'ammontare di tale imponibile? Una auto certificazione che assomma quello che incassiamo lavorando alle proprietà a noi intestate, al netto di quelle spese che possiamo concederci di detrarre dalla cifra che annualmente ci arriva direttamente o indirettamente.
E qui casca l'asino della contraddizione con il principio dell'art. 3 sempre della Costituzione:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Perché? Perché se ho una busta paga mi detraggono a monte i soldini, invece se ho una partita IVA sono io stesso ad emettere fatture e quindi potrei fregare tutti dichiarando zero mentre incasso cento mila.

Aggiungete che gli italiani da circa 2000 anni si ammazzano tra loro per un cecio in più nel piatto del commensale, ed ecco che mezza popolazione si domanda perché l'altra mezza evade il fisco e l'altra metà si domanda perché la prima metà riceve uno stipendio...

Il punto è che la contraddizione in teoria muore sul nascere, perché l'art. 3 della Costituzione è composto da due parti e la seconda afferma che lo Stato deve controllare.

Dov'è l'anomalia?
Lo Stato non controlla un fico secco di niente e siccome si cerca di ridurli sempre di più, 'sti controlli, si è arrivati a pensare all'inversione dell'onere della prova, perché in questo modo si riduce il carico di lavoro degli inquirenti e s'incassano soldi. Se nel mucchio si sbaglia (tenendo conto che lo Stato e gli inquirenti in questione quando sbagliano non chiedono scusa anche se ti rovinano la vita...) poco importa,
I°) perché il principio nuovo stabilisce che se ti sei aperto patita IVA, vuol dire che vuoi evadere il fisco,
II°) perché recuperare evasione è di primaria importanza rispetto agli eventuali errori nell'attribuzione delle colpe,
III°) perché dagli anni '90 lo sanno tutti che se ti accusano sei colpevole.

E poi lo Stato ha scoperto che i suoi inquirenti tanto bravi ad incastrare i presunti evasori non sono ed ogni tanto fanno anche qualche brutta figura: caso emblematico è quello di Ornella Muti che un bel dì decise di divenir cittadina monegasca ed al Fisco italiano la cosa non andò giù e decise di chiederle 2 milioni di euro tout-court. Ecco, a distanza di alcuni anni la Muti ha vinto in Cassazione con una sentenza che dice che il Fisco non ha presentato prove e che il fatto che i pupi dell'attrice nel '97 stavano in Italia non vuol dire nulla.

E sì, perché un problema rilevante in Italia è che una bella pensata del PM non è probatoria e soprattutto "non poteva non sapere", se non è vagamente sufragato da qualcosa è solo una bella frase fatta.

Così se Valentino Rossi si cala le braghe e Ornella Muti tiene duro, il Fisco ritenta con chi ce lo ha duro: no, non Bossi, ma il Rocco Nazionale... pardon, Ungherese! Sì, perché Rocco Siffredi s'è da anni trasferito con la sua bella mugliera a far film porno in Ungheria dove il personale costa meno (beh? Che volete? In Cina le ragazze non sono formose come le magiare... e che cavolo, mica Siffredi assembla auto!) e la pressione fiscale non è paradisiaca, ma semplicemente normale. Il Signor Siffredi si è ritrovato di fronte al più tipico dei problemi: il suo Comune di nascita in Italia, Ortona, ha impiegato 4 anni per registrare il cambio di residenza ed ora il Fisco gli chiede 2 milioni di euro (quelli che non ha recuperato alla Muti...).

Vogliamo pensar male? Pensiamolo: il Fisco deve tappare un buco di 2 milioni di euro e non sa dove prenderli. Prima che qualcuno scopra a chi li hanno abbonati, provano con un colpaccio mediatico.

In tutta questa storia, degna di un noir francese degli anni trenta, manca una risposta culminante: se tutti pagassero le tasse in Italia, abbasserebbero davvero le aliquote?
Permettetemi un certo scetticismo in merito: la Germania ha previsto di incassare 11 miliardi di euro nel 2011; l'Italia ha previsto di incassarne nello stesso anno 11,1 miliardi, cento milioni in più dei nostri teutonici vicini di casa.

Nel condomionio Germania vivono 70 milioni di crucchi; nel condominio Italia campano poco più di 55 milioni di sciuscià... I tedeschi c'hanno un impiegato pubblico ogni 30 cristiani (protestanti); noi Italiani disponiamo di un impiegato pubblico ogni 10 cristiani (cattolici)...
Non per fare sempre il solito paragone sull'erba del vicino (loro se la fumano in libertà, noi meno...), ma va ammesso che forse loro (che comunque non penso non abbiano evasione fiscale) i soldi li spendono meglio di noi...

Forse se lo Stato Italiano cominciasse a farci campar meglio, saremmo più propensi a pagare le baby pensioni ai parlamentari... chiedo scusa... le tasse...

Sul sito di Report si trova questo breve pensiero della Gabanelli, che cento ne dice e cento ne tace, ma che comunque rimane sempre una delle poche voci che qualcosa fa trapelare, con alti e bassi: il succo che emerge dalla domanda della Gaba è "e se spendessimo meglio i soldi pubblici"?

Il punto è tutto lì, secondo me: se invece di correre dietro alle baby-sitter dei VIP o se gli impiegati comunali svolgessero le pratiche di segnalazione dei cambi di residenza in tempi accettabili, e se l'Agenzia delle Entrate trattasse tutte le aziende, grandi e piccole, allo stesso modo, forse, e dico forse, si recupererebbero un po' più di quello striminzito 20-25% di evasione annuale.

Sì perché, sebbene il barista sotto casa riceva le visite della GdF, dei Vigili urbani e della ASL tre o quattro volte l'anno (e magari viene multato perché ha esposto un cartello provvisorio con gli orari d'esercizio, perché non c'è nient'altro da affibiargli...), ci ritroviamo a Giugno a festeggiare davanti alla notizia del recupero di circa 50-60 miliardi di euro d'evasione fiscale: peccato che annualmente mancherebero all'appello ben 200-220 miliardi e ci si domanda, visto che le volanti girano in continuazione e che non c'è negoziante che non si sia sentito chiedere soldi dalla GERIT, chi è che evade il Fisco così abondantemente... magari (ed è un'idea, eh...) chi quel denaro lo maneggia regolarmente tutti i giorni?

Perché, non so se lo avete notato, ma di tutte le attività commerciali, quella bancaria è spesso la meno controllata, visto che tutto viene riposto nelle mani di organi i cui membri appartengono tutti allo stesso ambiente dei controllati e spesso le figure dirigenziali coincidono... un po' come se a controllare i registri contabili del barista fosse un comitato di titolari di Bar o di commercialisti che lavorano solo per baristi. Ma questa è un altra storia...

mercoledì 24 novembre 2010

I santoni indiani dell'economia: come campare con poco ed essere felici (sulla carta...)

Favole!

Ecco su cosa si bassa la comunicazione moderna e contemporanea: slogan e favole. E tanta fuffa.
Badate bene: bipartisan (giusto per rimanere in tema di fregnacce).

Una favola moderna è quella di proporre eroi di tutti i giorni che campano con poco, anzi pochissimo, grazie a miracolose e fantomatiche formule di economia domestica che gli permetterebbero di avere tutto o quasi senza spendere un centesimo. L'ultimo di loro in ordine di tempo è un tale Ales Cerin, cittadino sloveno di Lubijana, che vivrebbe con un solo euro al giorno e con ben quattro pargoli sul groppone!

Ora, vi ricordate di quante storie hanno fatto tutti per il vecchio indiano che pare riesca a vivere senza ne bere ne mangiare da settant'anni?
Il Sig. Cerin rientra nel novero: da circa due mesi afferma di spendere non più di un euro ed un centesimo al giorno per mangiare e nutrire la sua famiglia, composta da 4 figli più lui e la moglie grazie, all'orto di casa. Significa spendere di cibo appena 33/36 euro al mese per sfamare sei persone.

Dopo aver saputo la novella, facciamo alcune brevi analisi.

Potere d'acquisto
Diciamo anche che tutta questa storia potrebbe non essere impossibile, ma qui sorge un piccolo problema: il Sig. Cerin fa il miracolo in Slovenia, paese che con l'Euro non ha cambiato affatto il proprio tenore di vita e, soprattutto il proprio potere di acquisto pro capite: mediamente la vita lì, costa la metà che qui, ma gli stipendi sono praticamente identici ai nostri, al netto delle tasse. E' noto che molti italiani al confine vadano a far la spesa lì, proprio perché costa meno, cosa che un tempo avveniva con la Svizzera, ma che oggi, complice la comune valuta, si riesce a far meglio con la repubblica slava a noi limitrofa. Quindi va da sé che i poco più di 30 euro del signor Celin gli permettono di acquistare molte più cose di quanto se ne possano comprare nel Bel Paese.
Già questo ci dovrebbe far capire che la notizia può essere tanto carina, ma che la frase d'impatto de La Repubblica è totalmente fuorviante e pure un po' arrogante:
Allo scopo di far crescere la consapevolezza della povertà globale e dell'overdose di consumismo del mondo occidentale, ha cercato di dimostrare che è possibile vivere spendendo per alimentarsi un euro e un centesimo al giorno: lui ce l'ha fatta, cibandosi negli ultimi due mesi solo della frutta e della verdura coltivate nel proprio giardino
C'è poco da essere consapevoli: prima di tutto andrebbe compreso che cosa il Signor Cerin compra tutti i mesi e per far questo bisognerebbe pensare che cosa si possa fare da soli in casa. Facciamo due conti con i prezzi di casa nostra?

L'orto in casa
Di siti che spiegano come farsi l'orto è pieno e vi assicuro che è perfettamente fattibile, sia se si dispone di un giardino con dello spazio libero un po' coperto dal vento, sia in terrazzo dentro a grandi vasi a cassetta.
Fare l'orto comporta tanto lavoro, tempo libero a disposizione e soprattutto un capitale iniziale per avviarlo, oltre ad una buona dose di pazienza, visto che i tempi di produzione e resa sono di ordine "naturalistico" e non è possibile accelerarli perché si ha fretta.
Quindi ci sarà un momento in cui non otterrete proprio nulla dal vostro orto e momenti in cui non saprete più cosa caspita farci con tutto quello che quelle maledette piante producono.

Immaginiamo che vogliate dissodare un fazzoletto di terra di 25/30 metri quadri: vi dovrete armare almeno di una zappa, di una vanga e di un piccone e smuovere terra andando anche ad una certa profondità (almeno 30-50 cm), facendo bene attenzione a togliere radici e sassi che possono solo crearvi problemi.
Una volta fatto questo dovrete aggiungere terra fresca, magari quella microfiltrata, ancora meglio se già miscelata con compost o torba: dalle mie parti riesco a trovarla anche al costo di 1 euro a sacchetto (20 lt./5 Kg.). Ma visto lo scavo che avete fatto potete ben immaginare che avrete bisogno di parecchi sacchetti di terra o, forse dovrete comprare i sacchi da 60 lt. da un vivaio. Infine dovrete concimare (anche se avete usato un terriccio misto a compost, sarebbe meglio farlo per dare i giusti elementi nutritivi al terrene).
Solo adesso potrete piantare le vostre verdure: che mettere? Lattughe, insalate, bietole, cicorie, carote, zucchine, melanzane, fagiolini, pomodori, fragole e meloni. Forse pure peperoni e gli immancabili aromi: salvia, menta, basilico e rosmarino ed anche alloro. Con un po' di lavoro anche cavoli e cavolfiori sono accessibili, e l'anguria o la zucca. Più difficili le patate.
Potreste anche impelagarvi nella grande avventura di un alberello da frutto o due: meli e peri sono facili da trovare al vivaio, ma ci sono anche i prugni e gli albicocchi.
Se siete fortunati avrete anche alcune piante spontanee nel vostro terreno: qualche asparago e forse delle cicorie, perazzi da poter innestare o meli selvatici, fichi o fichi d'India, in base alla regione, cespugli di mirto e rovi (quest'ultimi per le more) e sicuramente cardi (che sono commestibili se si conosce il modo per prepararli).
Coi funghi andateci piano: se proprio volete azzardarvi a raccoglierli, fatevi prima un buon corso da micologhi, generalmente organizzati a livello regionale dalle facoltà di agraria delle università nazionali.
Tutto questo richiede spazio, tempo e denaro: le piante hanno tutte un costo che varia da prodotto a prodotto e che generalmente non è particolarmente elevato, ma dovrete tener conto degli insuccessi.

I tempi delle piante
Quello che le poche righe de La Repubblica non dicono è che il nostro Signor Cerin non ha raccolto subito le lattughe esposte in foto: quelle piante hanno impiegato settimane per raggiungere quella dimensione e se la coltivazione ha avuto inizio dai semi hanno anche impiegato anche più tempo. Immaginatevi che se comprate un albero di melo dal vivaio vi verrà consegnato una sorta di zeppo striminzito con in fondo una specie di palla di terra che contiene le radici: forse c'è una foglia o due, ma di certo non c'è un frutto e difficilmente ne vedrete prima di un anno o due!
Quando si parla di frutta e verdura di stagione è perché tutte le piante hanno dei cicli e quindi fanno frutti solo ed esclusivamente in determinati periodi dell'anno: anche i semi vanno piantati solo in determinati periodi e spesso le piante vanno anche innaffiate in orari precisi e facendo attenzione in alcuni casi a non bagnare le foglie o viceversa.

L'acqua
L'orto lo devi innaffiare o, meglio irrigare: significa dover usare molta acqua, che in Italia ha un costo. Se state in campagna potreste valutare l'escavazione di un pozzo artesiano, ma, oltre al costo del lavoro che può variare in base alla profondità, preparatevi alla solita trafila burocratica del calvolo derivante dal solito motivo che noi italiani siamo sempre padroni a metà in casa nostra. L'acqua è una risorsa che lo Stato può decidere di privatizzare, ma siccome voi non siete nessuno di importante, quando decidete di farvi un pozzo per risparmiare sul consumo idrico, scatta la trappola burocratica che prevede che voi quel buco nel terreno lo dovete segnalare al Comune, il quale vuole sapere se la vostra è acqua potabile o meno. Malauguratamente fosse bevibile, alla prima crisi idrica comunale potreste vedervi arrivare sotto casa un'autobotte con i vigili urbani ad imporvi di dargli la vostra acqua.
Perché non è veramente vostra, ovviamente, ma della collettività, se è utile, perché non siete padroni delle risorse del sottosuolo. Se non è potabile (e può capitare), magari perché solfurea o salmastra, voi avrete speso inutilmente i soldi del pozzo, ma il Comune ve la lascierà tutta senza problemi...

Cura e mantenimento
Non è che se date un'innaffiata l'orto rimanga sempre bello in ordine... magari! Fin dal Medio Evo si sa che la rotazione delle colture permette di non impoverire il terreno: le piante usano i sali e le sostanze nutritive che trovano nel terreno, ma lo fanno in maniera diversa le une dalle altre. Se non volete ritrovarvi con un appezzamento sterile dopo appena tre anni di coltivazione dovrete piantare seguendo un preciso schema stagionale, lasciando sempre una parte del vostro orto incolta a riposare.
Per aumentare le sostanze nutritive dovrete aggiungerle con i fertilizzanti: compost, torba, stabbio o fertilizzanti chimici. Quest'ultimi sono i più costosi, gli altri sono più economici.
Il compost è quello che potete facilmente farvi anche in casa con una compostiera, che non è altro che un contenitore o una buca nel terreno dove butterete l'erba del prato falciata, potature, la frutta guasta o le bucce, foglie secche ed una sostanza chimica che comprerete appositamente da versare sopra a questa roba e che aiuterà i batteri presenti nell'ambiente a decomporla e a trasformarla lentamente in una sorta di terra fertile da aggiungere al terriccio microfiltrato su cui pianterete le vostre lattughe.
"Decomporla"? Ebbene sì: Madre Natura segue il motto latino "Mors tua vita mea".
La torba la comprate perché è un terriccio speciale che viene estratto dalle torbiere e segue lo stesso principio base elencato pocanzi.
Lo stabbio... puzza. Ve lo dico subito. Trattasi di feci animali miste a paglia. Cacca.
Generalmente prodotto dalla stalla del vicino: no, non quello con le pecore o le capre, ma quello con le vacche e i cavalli. Lo sterco degli ovini è acido e rovina il terreno; le margherite fumanti sono invece una mano santa per l'orto (prego astenersi da battute tipo "ma che lavoro di m...").

In città
L'orto in città è possibile farlo nei vasi: alcune verdure riescono anche nei vasi a cassetta alti 30/40 cm. Generalmente dalle mie parti li trovo con prezzi variabili dai 13 ai 18 euro, escludendo i sottovasi. Va aggiunta una sacchetta di argilla espansa per aumentare il trattenimento dell'acqua ed almeno tre sacchetti di terra da 5 Kg. Ci potete piantare lattughe, cicorie, bietole e broccoli, e se comprate quelli un po' più alti ci potete piantare anche pomodori e fagiolini ed anche le carote. Invece della zappa e della vanga, qui vi basta una paletta ed un innaffiatoio.
Saranno meno spirituali, ma sono più utili di un bonsai...

Ed il resto?
Il Signor Carin, dopo l'orto spende appena 33/36 euro al mese per integrare la sua dispensa. Salvo che egli non sia un vegano, necessità anche di prodotti derivanti dall'allevamento del bestiema come tutti noi, nonché di derivati delle graminacee, sostanza principe dell'alimentazione umana.

Partiamo dal presupposto che nella bella casa bianca che si vede nello sfondo della foto, il Signor Carin possiede un forno di tutto rispetto e quindi non compra il pane, ma acquista direttamente la farina, ed immaginando che non si nutra solo di pane azzimo, acquista anche il lievito oppure è veramente bravo e si fa anche questo da solo.
Quanto costa la farina? Da noi, in provincia di Roma, troviamo pacchi di farina 00 da 1 Kg. ad 1 euro. Il pane lavorato dal fornaio ha un costo che varia in tutta Italia tra i 2 ed i 4 euro al Kg.
Magari, visto che lo si fa in casa, non c'è bisogno di farlo tutti i giorni e dopo qualche tentativo vi riuscirà anche a voi. Ma quanto avete risparmiato rispetto al forno?
Per farvi una ciabatta vi servono ad occhio e croce 500 gr. di farina e circa un'oretta tra lavorazione, riposo e cottura. Fate voi i conti...
Se siete proprio decisi a far da soli, a questo punto vi conviene non comprare il lievito e fare direttamente anche quello: il lievito naturale si chiama Pasta Madre e qui trovate una guida per crearla. Auguri di cuore.
Va da se che se fate il pane, fate anche la pasta asciutta ed i dolci, sebbene quest'ultimi richiedano ingredienti di origine animale in alcuni casi, come il latte e le uova, ed, ovviamente lo zucchero.

Prodotti animali
Alcune cose possono essere relativamente facili da procurarsi disponendo di un terrenuccio: ad esempio le uova. Le galline hanno un costo iniziale ad animale di alcune decine di euro; a questo va aggiunta la costruzione del pollaio e le spese per il mangime. Diciamo che 10 Kg di spezzato costa tra i 3 ed i 5 euro. Per tenerle calde va comprata un po' di paglia una volta ogni tanto. Se avete le anatre o i germani vi serve d'obbligo anche un contenitore basso per l'acqua e potrete nutrirli anche con bucce di frutta e verdura ed un po' di pasta scotta: preparatevi psicologicamente al fatto che tali animali lasciano macerare in quell'acqua il cibo non secco che gli darete e quindi la vaschetta andrà ripulita con regolarità. Deve essere alta pochi centimetri: potreste usare anche un grande sottovaso. Sono animali che richiedono tempo e cura e pure un po' di spazio per muoversi e ruspare, soprattutto le galline, che magari vanno liberate una volta ogni tanto ed andranno a beccare qua e là qualcosa per conto loro.

Il pesce non è un problema se sapete come e dove pescarlo, ma sappiate che se non avete una licenza e non sapete dove andare vi possono anche multare: a questo si aggiungono i rischi da inquinamento, non indifferenti. Nel film "Il pranzo di Ferragosto" il protagonista propina del pesce pescato nel Tevere a Roma: se piazzava a tutti una bella pasticca di Uranio o Cobalto era meglio...
Se desiderate avvelenarvi potete provare anche con scorfani, ricci, cozze e vongole raccolti sotto costa: un bello avvelenamento da staffilococco non ve lo leva nessuno!!!

Latte fresco e formaggio sono procurabili in campagna solo da chi ha le stalle con vacche ed ovini: difficile che possiate ottenere risultati dalla singola capretta (che comunque ha un costo di acquisto e di mantenimento) come fa il nonno di Heidi... Se proprio volete diventare pazzi fino a questo punto leggetevi questo forum...

La carne? Davvero qui si rientra nel difficile. Primo passo e domandarsi se siete capaci di ammazzare un animale che avete allevato per cibarvene; poi dovete chiedervi se riuscireste ad ucciderlo a mani nude o di accompagnarlo al macello. Infine dovete chiedervi se potete lavorarla voi quella carne e come contate di conservarla e consumarla. Se avete lo stomaco di vedere i quarti di maiale che frollano nel garage o in cantina, complimenti per voi.
La cacciagione risolve solo un problema: quell'animale non lo avete allevato voi e probabilmente non gli avete tirato il collo per ucciderlo, ma gli avete sparato.
Rimane il discorso di doverlo scuoiare, squartare, dissanguare e macellare, perché non è esattamente come raccogliere una mela dall'albero.

Quindi facendo un rapido calcolo, dovete sicuramente procurarvi carne, latte, pesce, ma anche legumi, il burro, l'olio (salvo che non abbiate piantato degli alberi, ma in tal caso dovrete calcolare il costo del frantoio), vino (che segue un discorso analogo a quello dell'olio). E l'acqua? In molti casa l'acqua del rubinetto è potabile a patto di mettere un filtro in casa per drenare calcare e ferro nei tubi. Ma in altri casi va acquistata ed ha un costo di circa 3 euro ogni 6 bottiglie, al supermercato. Ogni umano deve integrare circa 1,5/2 lt. d'acqua al giorno: quindi bevete almeno una bottiglia tutti i giorni. Facendo il calcolo su una famiglia di 4 persone e senza spendere eccessivamente diciamo che spenderete ad occhio e croce al mese:
Acqua: 4 conf. x 3,00 € = 12,00 €
Latte: 3 conf. (1 lt.) x 2,00 € = 6,00 €
Legumi: 4 barattoli (250 gr.) di fagioli x 1,50 € = 6,00 €
Olio: 2 bottiglie (1 lt.) x 4,00 € = 8,00 €
Burro: 1 conf. (500 gr.) x 2,50 € = 2,50 €
Zucchero: 1 conf (1 Kg.) x 2,50 € = 2,50 €
Pesce fresco: 1 Kg x 18,00 € = 18,00 €
Carne rossa: 1 Kg x 15,00 € = 15,00 €
Pollo: 1 Kg x 10,00 € = 10,00 €
TOTALE: 80,00 € al mese per 4 persone.
Togliamo il pesce e dimezziamo la carne rossa? 80,00 € - 22,50 € = 57,50 €.

Risultato? Il Signor Carin non vive in Italia.

mercoledì 10 novembre 2010

Un luogo di perdizione: il brico center!

Ebbene sì! Sofro di Sindrome da Black & Dekar, come del resto un numero particolarmente alto di maschi italiani tra i 25 ed i 55 anni: non mi serve assolutamente alcun attrezzo elettrico, ma come vedo un trapano o una motosega esposta, resto calamitato davanti allo scaffale.

Non ci posso fare nulla. Per non parlare poi di tutti quegli attrezzi di cui, sicuramente, qualunque comune essere umano può tranquillamente fare a meno: la sega rotante per tagliare a misura le tavole di legno, il martello pneumatico, la motozappa, il tornio per il legno e quello da carrozziere, fino ad arrivare alla fiamma ossidrica o anche solo all'affettatrice da salumiere semiprofessionale.

Che invenzioni! Che mirabilia! Che roba inutile in una comune casa media nazionale!


In realtà, 'sta roba non viene venduta a noi profani, ma a chi la impiega proficuamente per dar da mangiare alla propria famiglia: magari investe qualche centinaio di euro e poi se lo ammortizza lavorandoci come uno schiavo sopra per dieci ore al giorno.

Posso immaginare che un muratore o un carpentiere o un pittore edile non trovi esattamente paradisiaco entrare in un brico center: francamente non trovo esaltante entrare in un negozio di informatica, perché ne esco o deluso o pensoso (lo compro? Non lo compro? Lo compro qui o lì?). Effetto analogo deve farlo il brico, per chi con quella roba ci lavora.

Ma per i comuni mortali, un brico center è il luogo dove il bambino che è in noi può uscire fuori camuffato da distinto signore che vuole rendersi utile in casa: tutta fuffa!!! Altro che aiutare madri, fidanzate e mogli a riparare impianti elettrici e controsoffittature: il bricolage è ne più e ne meno che una versione formato 1:1 del modellismo statico di quando eravamo ragazzini, un Meccano o un Lego formato gigante.

Invece del kit BBurago o del Focke Wulf della Italeri c'è la coimbentazione della cantina o il restauro della credenza della nonna: cambiano le dimensioni e le destinazioni d'uso, ma nelle nostre teste sappiamo che i principi base sono gli stessi!

Giusto questa Estate ho fatto due salti in quel di Civitavecchia al brico center alla ricerca delle mollette reggi-tovaglia per il tavolo del terrazzo: oggi i brico non sono solo delle ferramenta, ma ci si trova di tutto, dai casalinghi alla roba per gli animali, il giardinaggio, i patchwork e compagnia bella, maglia ed uncinetto compresi.
Ovviamente sono uscito di lì senza le mollette, ma con 25 euro di prodotti per l'auto.
Appena sono entrato ho avuto un attacco della suddetta Sindrome: una sega per le siepi.
Bellissima ed in offerta speciale a quasi 200 euro.
Ovviamente in casa non abbiamo siepi, ma era favolosa e la trovavamo stupenda in cinque: tutti maschi e tutti a guardarla come degli scemi, compreso un signore alla mia destra... proprio a lui, una signora che passava di lì, guardandolo lo apostrofa: "Antò... ne tenemo già due de quelle... vié via che ssemo qui pe i cuscini!"
"Antò" sospira e se ne va sconsolato insieme a lei...

Ecco questo è emblematico: mi sono chiesto se "Antò" aveva una siepe in casa, oppure se semplicemente quando vedeva una sega per siepi cacciava fuori i soldi dalla berta per farsi un regalino fuori stagione... E mi sono chiesto anche se la signora capiva che "Antò" s'era imbambolato come fanno le ragazze davanti ad un abitino in offerta: ne hanno interi armadi pieni, ma non resistono alla magliettina a 10 euro identica a tutte quelle che già possiedono.
Ai maschi frega meno di come si vestono e più di ferramenteria: non riempiono armadi, ma cassette degli attezzi. Ormai i cacciaviti li vendono direttamente in set e non singoli: ti serve un cacciavitino piccolo per una vitarella del cavolo a taglio? Compri il set da 25 cacciaviti della Beta a 30 euro e vedrai che nel mucchio c'è pure quello che ti serve a te!

Nel più completo rincoglionimento una volta ho comprato lo stesso cacciavite due volte convintissimo di averne presi due diversi: solo a casa mi sono accorto della cavolata.
La cosa più inquietante è l'effetto di onnipotenza che ci infonde il brico center: quando entriamo e vediamo tavole di legno, pedane di metallo, mattonelle, ci vengono in mente le idee più grandiose come rifare il pavimento del bagno, costruire l'armadio a muro, realizzare angoli a scomparsa e paratie dentro casa... tutta roba che la maggior parte di noi non saprebbe nemmeno progettare, figuriamoci realizzare davvero!

Generalmente in questi luoghi di perdizione, viene incontro al nostro uzzolo da architetti ed ingegneri edili, qualche fantomatico scaffale con gli immancabili manuali: libri ed opuscoli a vario prezzo che fanno passare la realizzazione di una parete divisoria in traforati semplice ed alla portata di tutti, come se fosse un'operazione identica all'aggiunta di una nuova torre al Castello del Cavaliere Nero della Lego...
A leggerli bene, però, capita abbastanza spesso consigli del tipo "nel dubbio, contattare un professionista" o "per ralizzare a norma la tale cosa, contattare un professionista in grado di rilasciare la certificazione" oppure "attenzione a fare questo se non volete causare danni strutturali alla vostra casa": è a questo punto che lasciate incompiuto l'impianto elettrico e la sala hobby, aspettando di avere qualche miliaio di euro da spendere per il fantomatico professionista, che dopo aver scoperto che avete provato a fare da soli, vi spennerà fino all'inverosimile, solo per punirvi della vostra presunzione!

C'è una cosa che è per certi versi agghiacciante: tempo fa passando davanti alla vetrina di un giocattolaio di Roma mi sono imbattutto in una serie di confezioni marchiate Black & Dekar. Sono riconoscibilissime, nere ed arancioni. Non capivo: che caspita ci fanno dei trapani in esposizione in un negozio per bambini? Semplice... erano trapani giocattolo!
Tutta il catalogo dell'azienda in formato giocattolo, decespugliatore, fresa e tornio compreso. Ovviamente non poteva mancare il tavolo da lavoro ed il carrello porta-attrezzi come quello di papà.

Capite? Come la Barbie è lo strumento indispensabile a preparare le ragazze a svaliggiare i negozi di pret-a-porter durante i saldi e le bancarelle dei mercatini esitivi, così la Black & Dekar si è ragionata di prepararsi fin dalla più giovane età i futuri acquirenti di seghe e taglia-siepi!

Non c'è speranza... siamo condannati, uomini e donne di questa Terra, a spendere una parte dei nostri guadagni in cose totalmente inutili, in doppioni di cose che già abbiamo, ma pur sempre ad appagare quell'uzzolo incontrollabile che generazioni di preti cattolici non hanno mai saputo sconfiggere: la voglia di shopping...

lunedì 8 novembre 2010

ADSL: la rete sta crollando a pezzi.


Chiedo perdono a chi mi legge, ma ho avuto un lungo periodo di pensieri, problemi, impicci e difficoltà che mi hanno costretto a non scrivere più su nessuno dei miei blog. A dire il vero di bozze di articoli ne ho collezionate una montagna intera, ma per vari motivi non ho mai trovato il tempo di completarli, correggerli e pubblicarli: restano lì, in attesa di una nuova ennesima lettura, sperando che qualcosa ne venga fuori.

Premesso questo, sebbene in teoria non dovrei trovarmi qui a scrivere queste righe, ma dovrei mettermi a sbattere il muso sul lavoro, ho pensato di distrarmi farcendo una capatina da queste parti e trovandovi roba vecchia di tre mesi, mi son detto "butta giù due righe"...

Di che ciarlare? Auto? Economia? Politica? No, ADSL!

Lo spunto viene da una ricerca fatta in queste ore che mi ha fatto cadere l'occhio su un bell'articolo di Alessandro Longo. Per chi non lo sapesse, Alessandro scrive per l'editore Apogeo e per molti giornali, dal Corriere al Sole 24 Ore, passando per Repubblica, è un esperto informatico ed ogni tanto si trovano suoi articoli anche su riviste specialistiche: per chi fosse interessato segnalo anche il suo sito personale, Alessandro Longo. Telefonia, hi-tech e giornalismo.

Dall'articolo emerge una situazione un po' paradossale: negli ultimi anni ci hanno intasato la testa con chiacchiere sull'aumento della velocità in download delle connessioni ADSL, ma la realtà è che la rete telematica, che ancora oggi si appoggia quasi integralmente su quella telefonica, sta crollando inesorabilmente a causa della vetustà delle infrastrutture. Per farla breve... teniamo i doppini degli anni '70 e le paline del '60: i primi so' fracichi le artre c'hanno i buchi e crolleno...

Ora voi direte quello che si sono detti tutti i dirigenti di aziende telefoniche d'Italia: "maledetti tarli"... "governo ladro, piove sempre sul bagnato"... "piove sempre"...

Soprattutto l'ultima ("piove sempre") è il problema maggiore: sulle paline italiane (fonte primaria di cibo per i tarli del continente europeo) le guarnizioni dei cavi realizzate con modernissimo (all'epoca lo era... Giulio Cesare in una seduta spiritica potrà confermarlo) caucciù si sono vagamente deteriorate ed ora chilometri di doppini di rame (metallo che notoriamente non si ossida come gli altri metalli... ma lo fa molto più celermente...) sono bellamente alle intemperie.
Ora... fossimo ancora sotto il Fascismo, il gerarca locale si presenterebbe dinnanzi ai cavi scoperti ed imporrebbe loro di continuare a funzionare anche sotto il nubifragio ed essi, i cavi, con maschia baldanza, ubidirebbero al grido "Me ne frego!"... Ahinoi siamo sotto la Repubblica ed ergo non disponiamo di taumaturgici gerarchi, ma di comunissimi tecnici, i quali dinanzi ai cavi scoperti, non disponendo di altri mezzi, dicono loro "Me ne frego!", girano sui tacchi e se ne vanno scribacchiando qualcosa sul verbale d'intervento...

Ecco, come emerge dalla cronaca e dall'articolo in questione, dopo almeno sedici anni di manutenzioni menefreghistiche, il risultato è che Mamma Telecom risolve il problema chiudendo 50 centraline e dichiarando che Lei, quando piazza un contratto da 7 Mega almeno 2,1 Mb/s di download riesce sicuramente a garantirli (sottointendento che se state viaggiando a velocità superiori è per puro caso, loro non centrano nulla...) e tanto ci dovrebbe bastare, mentre si cerca una soluzione, la più vantaggiosa possibile per loro...

Altri, come il mio operatore TeleTu, affermano che adotteranno dei metodi per garantire a tutti i clienti di raggiungere almeno i 2,1Mb/s di download: cioè faranno carte false per costringere i clienti ad usare Internet come se avessero una 56Kb e non una connessione ADSL. Quindi se ne escono fuori con la curiosa idea che le linee ADSL servono per navigare nei siti web e leggere la posta elettronica, oltre a fare le telefonate in VoIP.

Praticamente TeleTu cassa gli ultimi 5 anni di innovazioni telematiche ritenendo che l'ADSL come viene usata oggi è usata male (streaming video, gaming on-line, peer-to-peer... tutte cose demoniache perché loro non sono capaci ad offrire un servizio che possa supportare quest'uso della rete...).

A voler essere franchi se dovete leggere la homepage di Google News, cercare un indirizzo su Google Map, leggere la posta elettronica, magari su G-Mail e, magari anche scrivere su un blog su Blogger e sbirciare il video del gatto del vicino su YouTube... risparmiatevi i soldi dell'ADSL domestica e compratevi un moderno smarthphone: vi bastano 5 euro al mese (avete letto bene) per fare tutte queste cose e scaricare in un mese da 3 a 5 Gb di dati (in base all'operatore scelto)... "perché pagare di più"?

I due ISP che se la cavano meglio sono Tiscali e FastWeb: la prima probabilmente ottiene questi risultati solo in Sardegna, dove ha la sede, la seconda offre ottimi servizi solo in ULL, cioè se si è connessi con la fibra ottica direttamente alla loro linea, mentre in wholesale con Telecom Italia offre poco di più (ma da alcune cose lette in giro per la rete, funziona come tutti quanti gli altri).

Ormai le differenze si notano solo tra contratto domestico e business, ma solo ed esclusivamente perché un'azienda paga il doppio di un utente domestico e se il servizio non è perlomeno decente, raramente ripiega sulla conciliazione paritetica, ma lascia il tutto in mano al legale (facesse lui) o cambia fornitore senza battere ciglio, considerandoli tutti uguali e sacrificabili senza remore.

La verità è che non c'è soluzione (trasferirsi negli States? Oppure a Bora-Bora a coltivar vaniglia...). Se il problema è nell'infrastruttura di base, non essendoci un centro unico di controllo, si può solo aspettare e sperare nei vari progetti, quasi tutti di rilevanza locale, che fanno finta di trovare una risposta che già c'è, ma che nessuno vuole dichiarare apertamente: bisogna buttare tutto giù e sostituire i doppini con i coassiali.

Il problema è che nel nostro Paese tutto si è sempre mosso con almeno dieci anni di ritardo, ma su questo problema non ci si può far nulla perché fuori dai nostri confini i nostri concorrenti si sono mossi da soli 5 anni e stanno sperimentando solo ora, mentre da noi si comincia già ad avere problemi adesso, prima che gli altri abbiano trovato una soluzione da comprare a scatola chiusa e da spacciare al Grande Pubblico come pura innovazione italiana.

Internet ha causato uno schock all'Italia come nazione: abituati che tutto si muove lentamente, che ad ogni problema c'è almeno un sotterfugio per evitarlo, che per tutto basta una mazzetta per risolvere un dilemma, l'Italia e gli italiani non riescono ad abituarsi a qualcosa di totalmente privo di vie di mezzo e per giunta, pure intransigente, come le reti telematiche.

Su Internet, dal punto di vista pratico e tecnico, le cose sono nette: o accese (1) o spente (0), non si può essere accese a mezza potenza (zeruno... unozero... mezzoruno... zeromezzuccio... zuzù?). In somma, una gran fregatura. Nulla che si possa far finta che non sia: se non funziona, non funziona e questo l'Italiano Medio non può tollerarlo... non c'è abituato mica: ma come? Una cosa che non si può rappattumare? Esiste davvero?
Abituati da circa due millenni che perfino i peggiori delitti possono essere rappattumati in extremis (basta confessarli in punto di morte al prete che ci sta dando il de profundis), mal tolleriamo un ragionamento binario.

Che fare? Beh, s'è capito che vogliono fare: fare fessi gli investitori proponendo idee che nessuno potrà mettere in pratica; otenere fondi pubblici per ricerche che non verranno portate a termine o il cui risultato sarà "meglio lasciare tutto com'è"; lasciare tutto com'è, appunto, ed aspettare.

Ma aspettare che? Semplice: che le paline marciscano e che i cavi si spezzino a causa dell'ossidazione, oppure che le miniere di rame si esauriscano sulla faccia dell'intero pianeta.
Poi chi vivrà, vedrà...