Me pizzica, me mozzica, me devo da sfogà...

giovedì 25 novembre 2010

L'inversione dell'onere della prova: evasione fiscale e canone RAI. In Italia i cittadini sono colpevoli fino a prova contraria.


Il II Governo Berlusconi passerà alla storia dell'Italia per aver invertito l'onere della prova con l'appoggio dei giudici di Cassazione e dell'Agenzia delle Entrate.

Ebbene sì, quello che non riuscì a Mussolini ed ai sessantottini è riuscito al Berlusca! Da circa una settimana è passata una bella legge che rende inutili le indagini fiscali della Guardia di Finanza: i Finanzieri ed il GIP potranno accusarvi di evasione fiscale senza avere l'onere di trovare prove a favore della loro accusa. Dovrete essere voi a dimostrare che non avete evaso. Come? Nessuno lo sa.
Quindi automaticamente, siccome l'unica prova che si può produrre sono le fatture e le buste paga, se si riterranno insufficienti, verrete condannati, giusto o sbagliato che sia. Per gli inquirenti si riduce il lavoro, il Fisco incasserà soldi extra che non gli spettano e tutti quei Pezzi da 90 che potranno permetterselo, la faranno franca.

Fatto il principio, lo si applica felicemente a tutto e così il Ministro Paolo Romani se ne esce fuori facendo sua una proposta Codacons e di Centro Sinistra: caricare il Canone RAI sulla bolletta della luce.
Per non pagarlo dovete dimostrare che non vedete la TV. A questo punto non basterà più affermare di non avere l'antenna e, soprattutto, lo Stato risolverà l'annoso problema insito nel concetto stesso di Canone RAI: "che cavolo è"?

Per chi non lo sapesse il Canone è un incrocio osceno tra una tassa ed un'imposta, spacciata per abbonamento: in teoria devono pagarlo i possessori di tutti quegli strumenti atti o adattabili a riceve il segnale radiotelevisivo nazionale. Peccato che questo includa qualsiasi elettrodomestico con uno schermo ad almeno 16 colori (videocitofoni e cellulari compresi) e qualunque attrezzo che riceva onde radio (in teoria pure il walkie-tokie della Fisher-Price di vostro figlio piccolo...). Risultato? Salvo rari casi, se avete un domicilio vi arriverà il bollettino a casa, presumendo che abbiate uno di questi strumenti.
Per non pagarlo più dovete fare una cosa degna di una barzelletta: vi dovete auto sigillare gli apparecchi in questione. Che significa? Dovete prendere uno scatolone e chiuderceli dentro: poi chiamate gli ispettori della RAI che verranno a timbrare lo scotch che avete usato per impacchettare radio, tv e computer.

Ma questo diventa un bel casino, soprattutto perché costringe degli impiegati RAI a muovere le chiappe: problema questo che in Italia fa andare su tutte le furie i sindacalisti e li mobilita. Solo per farvi un paio di esempi della portata del problema sappiate che le FS hanno più impiegati che tecnici riparatori o controllori ed il Comune di Roma ha più vigili urbani negli uffici che sulle strade a controllare il traffico (causa anzianità di servizio: cioè regala ad ogni marmittone una scrivania dopo 3 anni di direzione del traffico... anche se qualcuno ringrazia visto che notoriamente non brillano in questa loro pratica...). Viva l'Italia!

Dunque, Romani ha deciso di risolvere il problema dei controlli ribaltando l'onere della prova: tutti quelli che hanno un contratto elettrico lo usano anche per dare energia ad uno strumento atto o adattabile a ricevere il segnale TV e quindi devono pagare il Canone. Se non vedono la TV lo devono dimostrare loro: come non si sa e quindi non potranno dimostrarlo e dovranno pagare anche se loro il televisore non lo hanno.

La cosa curiosa sarà al solito per le aziende: quelli dell'ADUC, mesi fa proposero di far pagare il canone a quelle aziende che possedevano un PC. Ora va da se che se siete un ferramenta, quel PC lo usate per fatture e magazzino, non per vederci la TV. Va anche da se che il Canone per le aziende c'è già ed ha un costo doppio rispetto a quello per le famiglie. Risultato? La ferramenta sotto casa, a gestione famigliare, pagherebbe tre canoni: 2 in azienda per un servizio che non riceve ed 1 a casa propria.
Ma l'ADUC questo lo ha valutato? Ovviamente no e poi chi ha una partita IVA è un evasore fiscale fino a quando non dimostra il contrario...

Scampato il pericolo (l'alimentari sotto casa di Vincenzo Donvito si è rifiutato di vendergli i biscotti, pensando al PC del magazzino? Oppure una volta a ristorante si è reso conto che il conto lo fa in automatico un computer collegato al palmare del cameriere?) si presenta questa nuova cavolata, che ovviamente, Romani, notoriamente multimedia-fobico, fa sua.

La nuova proposta è interessantissima, se avete una partita IVA, perché vi costringe a pagare doppio: una volta per la bolletta di casa ed una volta per la bolletta del negozio o dell'ufficio. Aggiungiamo anche che le bollette elettriche bussiness hanno un costo più elevato di quelle domestiche ed il gioco è fatto.

Ma perché un'azienda deve pagare, non solo un servizio che di fatto non fruisce, ma addirittura pagarlo di più?
Alcune recenti sentenze di Cassazione si sono indirizzate in una interpretazione un po' bislacca dell'art. 53 della Costituzione.
L'articolo dice testualmente:

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

In teoria qui si dice tutto e niente: che vuol dire capacità contributiva? Il reddito imponibile. Ma che cosa stabilisce l'ammontare di tale imponibile? Una auto certificazione che assomma quello che incassiamo lavorando alle proprietà a noi intestate, al netto di quelle spese che possiamo concederci di detrarre dalla cifra che annualmente ci arriva direttamente o indirettamente.
E qui casca l'asino della contraddizione con il principio dell'art. 3 sempre della Costituzione:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Perché? Perché se ho una busta paga mi detraggono a monte i soldini, invece se ho una partita IVA sono io stesso ad emettere fatture e quindi potrei fregare tutti dichiarando zero mentre incasso cento mila.

Aggiungete che gli italiani da circa 2000 anni si ammazzano tra loro per un cecio in più nel piatto del commensale, ed ecco che mezza popolazione si domanda perché l'altra mezza evade il fisco e l'altra metà si domanda perché la prima metà riceve uno stipendio...

Il punto è che la contraddizione in teoria muore sul nascere, perché l'art. 3 della Costituzione è composto da due parti e la seconda afferma che lo Stato deve controllare.

Dov'è l'anomalia?
Lo Stato non controlla un fico secco di niente e siccome si cerca di ridurli sempre di più, 'sti controlli, si è arrivati a pensare all'inversione dell'onere della prova, perché in questo modo si riduce il carico di lavoro degli inquirenti e s'incassano soldi. Se nel mucchio si sbaglia (tenendo conto che lo Stato e gli inquirenti in questione quando sbagliano non chiedono scusa anche se ti rovinano la vita...) poco importa,
I°) perché il principio nuovo stabilisce che se ti sei aperto patita IVA, vuol dire che vuoi evadere il fisco,
II°) perché recuperare evasione è di primaria importanza rispetto agli eventuali errori nell'attribuzione delle colpe,
III°) perché dagli anni '90 lo sanno tutti che se ti accusano sei colpevole.

E poi lo Stato ha scoperto che i suoi inquirenti tanto bravi ad incastrare i presunti evasori non sono ed ogni tanto fanno anche qualche brutta figura: caso emblematico è quello di Ornella Muti che un bel dì decise di divenir cittadina monegasca ed al Fisco italiano la cosa non andò giù e decise di chiederle 2 milioni di euro tout-court. Ecco, a distanza di alcuni anni la Muti ha vinto in Cassazione con una sentenza che dice che il Fisco non ha presentato prove e che il fatto che i pupi dell'attrice nel '97 stavano in Italia non vuol dire nulla.

E sì, perché un problema rilevante in Italia è che una bella pensata del PM non è probatoria e soprattutto "non poteva non sapere", se non è vagamente sufragato da qualcosa è solo una bella frase fatta.

Così se Valentino Rossi si cala le braghe e Ornella Muti tiene duro, il Fisco ritenta con chi ce lo ha duro: no, non Bossi, ma il Rocco Nazionale... pardon, Ungherese! Sì, perché Rocco Siffredi s'è da anni trasferito con la sua bella mugliera a far film porno in Ungheria dove il personale costa meno (beh? Che volete? In Cina le ragazze non sono formose come le magiare... e che cavolo, mica Siffredi assembla auto!) e la pressione fiscale non è paradisiaca, ma semplicemente normale. Il Signor Siffredi si è ritrovato di fronte al più tipico dei problemi: il suo Comune di nascita in Italia, Ortona, ha impiegato 4 anni per registrare il cambio di residenza ed ora il Fisco gli chiede 2 milioni di euro (quelli che non ha recuperato alla Muti...).

Vogliamo pensar male? Pensiamolo: il Fisco deve tappare un buco di 2 milioni di euro e non sa dove prenderli. Prima che qualcuno scopra a chi li hanno abbonati, provano con un colpaccio mediatico.

In tutta questa storia, degna di un noir francese degli anni trenta, manca una risposta culminante: se tutti pagassero le tasse in Italia, abbasserebbero davvero le aliquote?
Permettetemi un certo scetticismo in merito: la Germania ha previsto di incassare 11 miliardi di euro nel 2011; l'Italia ha previsto di incassarne nello stesso anno 11,1 miliardi, cento milioni in più dei nostri teutonici vicini di casa.

Nel condomionio Germania vivono 70 milioni di crucchi; nel condominio Italia campano poco più di 55 milioni di sciuscià... I tedeschi c'hanno un impiegato pubblico ogni 30 cristiani (protestanti); noi Italiani disponiamo di un impiegato pubblico ogni 10 cristiani (cattolici)...
Non per fare sempre il solito paragone sull'erba del vicino (loro se la fumano in libertà, noi meno...), ma va ammesso che forse loro (che comunque non penso non abbiano evasione fiscale) i soldi li spendono meglio di noi...

Forse se lo Stato Italiano cominciasse a farci campar meglio, saremmo più propensi a pagare le baby pensioni ai parlamentari... chiedo scusa... le tasse...

Sul sito di Report si trova questo breve pensiero della Gabanelli, che cento ne dice e cento ne tace, ma che comunque rimane sempre una delle poche voci che qualcosa fa trapelare, con alti e bassi: il succo che emerge dalla domanda della Gaba è "e se spendessimo meglio i soldi pubblici"?

Il punto è tutto lì, secondo me: se invece di correre dietro alle baby-sitter dei VIP o se gli impiegati comunali svolgessero le pratiche di segnalazione dei cambi di residenza in tempi accettabili, e se l'Agenzia delle Entrate trattasse tutte le aziende, grandi e piccole, allo stesso modo, forse, e dico forse, si recupererebbero un po' più di quello striminzito 20-25% di evasione annuale.

Sì perché, sebbene il barista sotto casa riceva le visite della GdF, dei Vigili urbani e della ASL tre o quattro volte l'anno (e magari viene multato perché ha esposto un cartello provvisorio con gli orari d'esercizio, perché non c'è nient'altro da affibiargli...), ci ritroviamo a Giugno a festeggiare davanti alla notizia del recupero di circa 50-60 miliardi di euro d'evasione fiscale: peccato che annualmente mancherebero all'appello ben 200-220 miliardi e ci si domanda, visto che le volanti girano in continuazione e che non c'è negoziante che non si sia sentito chiedere soldi dalla GERIT, chi è che evade il Fisco così abondantemente... magari (ed è un'idea, eh...) chi quel denaro lo maneggia regolarmente tutti i giorni?

Perché, non so se lo avete notato, ma di tutte le attività commerciali, quella bancaria è spesso la meno controllata, visto che tutto viene riposto nelle mani di organi i cui membri appartengono tutti allo stesso ambiente dei controllati e spesso le figure dirigenziali coincidono... un po' come se a controllare i registri contabili del barista fosse un comitato di titolari di Bar o di commercialisti che lavorano solo per baristi. Ma questa è un altra storia...

mercoledì 24 novembre 2010

I santoni indiani dell'economia: come campare con poco ed essere felici (sulla carta...)

Favole!

Ecco su cosa si bassa la comunicazione moderna e contemporanea: slogan e favole. E tanta fuffa.
Badate bene: bipartisan (giusto per rimanere in tema di fregnacce).

Una favola moderna è quella di proporre eroi di tutti i giorni che campano con poco, anzi pochissimo, grazie a miracolose e fantomatiche formule di economia domestica che gli permetterebbero di avere tutto o quasi senza spendere un centesimo. L'ultimo di loro in ordine di tempo è un tale Ales Cerin, cittadino sloveno di Lubijana, che vivrebbe con un solo euro al giorno e con ben quattro pargoli sul groppone!

Ora, vi ricordate di quante storie hanno fatto tutti per il vecchio indiano che pare riesca a vivere senza ne bere ne mangiare da settant'anni?
Il Sig. Cerin rientra nel novero: da circa due mesi afferma di spendere non più di un euro ed un centesimo al giorno per mangiare e nutrire la sua famiglia, composta da 4 figli più lui e la moglie grazie, all'orto di casa. Significa spendere di cibo appena 33/36 euro al mese per sfamare sei persone.

Dopo aver saputo la novella, facciamo alcune brevi analisi.

Potere d'acquisto
Diciamo anche che tutta questa storia potrebbe non essere impossibile, ma qui sorge un piccolo problema: il Sig. Cerin fa il miracolo in Slovenia, paese che con l'Euro non ha cambiato affatto il proprio tenore di vita e, soprattutto il proprio potere di acquisto pro capite: mediamente la vita lì, costa la metà che qui, ma gli stipendi sono praticamente identici ai nostri, al netto delle tasse. E' noto che molti italiani al confine vadano a far la spesa lì, proprio perché costa meno, cosa che un tempo avveniva con la Svizzera, ma che oggi, complice la comune valuta, si riesce a far meglio con la repubblica slava a noi limitrofa. Quindi va da sé che i poco più di 30 euro del signor Celin gli permettono di acquistare molte più cose di quanto se ne possano comprare nel Bel Paese.
Già questo ci dovrebbe far capire che la notizia può essere tanto carina, ma che la frase d'impatto de La Repubblica è totalmente fuorviante e pure un po' arrogante:
Allo scopo di far crescere la consapevolezza della povertà globale e dell'overdose di consumismo del mondo occidentale, ha cercato di dimostrare che è possibile vivere spendendo per alimentarsi un euro e un centesimo al giorno: lui ce l'ha fatta, cibandosi negli ultimi due mesi solo della frutta e della verdura coltivate nel proprio giardino
C'è poco da essere consapevoli: prima di tutto andrebbe compreso che cosa il Signor Cerin compra tutti i mesi e per far questo bisognerebbe pensare che cosa si possa fare da soli in casa. Facciamo due conti con i prezzi di casa nostra?

L'orto in casa
Di siti che spiegano come farsi l'orto è pieno e vi assicuro che è perfettamente fattibile, sia se si dispone di un giardino con dello spazio libero un po' coperto dal vento, sia in terrazzo dentro a grandi vasi a cassetta.
Fare l'orto comporta tanto lavoro, tempo libero a disposizione e soprattutto un capitale iniziale per avviarlo, oltre ad una buona dose di pazienza, visto che i tempi di produzione e resa sono di ordine "naturalistico" e non è possibile accelerarli perché si ha fretta.
Quindi ci sarà un momento in cui non otterrete proprio nulla dal vostro orto e momenti in cui non saprete più cosa caspita farci con tutto quello che quelle maledette piante producono.

Immaginiamo che vogliate dissodare un fazzoletto di terra di 25/30 metri quadri: vi dovrete armare almeno di una zappa, di una vanga e di un piccone e smuovere terra andando anche ad una certa profondità (almeno 30-50 cm), facendo bene attenzione a togliere radici e sassi che possono solo crearvi problemi.
Una volta fatto questo dovrete aggiungere terra fresca, magari quella microfiltrata, ancora meglio se già miscelata con compost o torba: dalle mie parti riesco a trovarla anche al costo di 1 euro a sacchetto (20 lt./5 Kg.). Ma visto lo scavo che avete fatto potete ben immaginare che avrete bisogno di parecchi sacchetti di terra o, forse dovrete comprare i sacchi da 60 lt. da un vivaio. Infine dovrete concimare (anche se avete usato un terriccio misto a compost, sarebbe meglio farlo per dare i giusti elementi nutritivi al terrene).
Solo adesso potrete piantare le vostre verdure: che mettere? Lattughe, insalate, bietole, cicorie, carote, zucchine, melanzane, fagiolini, pomodori, fragole e meloni. Forse pure peperoni e gli immancabili aromi: salvia, menta, basilico e rosmarino ed anche alloro. Con un po' di lavoro anche cavoli e cavolfiori sono accessibili, e l'anguria o la zucca. Più difficili le patate.
Potreste anche impelagarvi nella grande avventura di un alberello da frutto o due: meli e peri sono facili da trovare al vivaio, ma ci sono anche i prugni e gli albicocchi.
Se siete fortunati avrete anche alcune piante spontanee nel vostro terreno: qualche asparago e forse delle cicorie, perazzi da poter innestare o meli selvatici, fichi o fichi d'India, in base alla regione, cespugli di mirto e rovi (quest'ultimi per le more) e sicuramente cardi (che sono commestibili se si conosce il modo per prepararli).
Coi funghi andateci piano: se proprio volete azzardarvi a raccoglierli, fatevi prima un buon corso da micologhi, generalmente organizzati a livello regionale dalle facoltà di agraria delle università nazionali.
Tutto questo richiede spazio, tempo e denaro: le piante hanno tutte un costo che varia da prodotto a prodotto e che generalmente non è particolarmente elevato, ma dovrete tener conto degli insuccessi.

I tempi delle piante
Quello che le poche righe de La Repubblica non dicono è che il nostro Signor Cerin non ha raccolto subito le lattughe esposte in foto: quelle piante hanno impiegato settimane per raggiungere quella dimensione e se la coltivazione ha avuto inizio dai semi hanno anche impiegato anche più tempo. Immaginatevi che se comprate un albero di melo dal vivaio vi verrà consegnato una sorta di zeppo striminzito con in fondo una specie di palla di terra che contiene le radici: forse c'è una foglia o due, ma di certo non c'è un frutto e difficilmente ne vedrete prima di un anno o due!
Quando si parla di frutta e verdura di stagione è perché tutte le piante hanno dei cicli e quindi fanno frutti solo ed esclusivamente in determinati periodi dell'anno: anche i semi vanno piantati solo in determinati periodi e spesso le piante vanno anche innaffiate in orari precisi e facendo attenzione in alcuni casi a non bagnare le foglie o viceversa.

L'acqua
L'orto lo devi innaffiare o, meglio irrigare: significa dover usare molta acqua, che in Italia ha un costo. Se state in campagna potreste valutare l'escavazione di un pozzo artesiano, ma, oltre al costo del lavoro che può variare in base alla profondità, preparatevi alla solita trafila burocratica del calvolo derivante dal solito motivo che noi italiani siamo sempre padroni a metà in casa nostra. L'acqua è una risorsa che lo Stato può decidere di privatizzare, ma siccome voi non siete nessuno di importante, quando decidete di farvi un pozzo per risparmiare sul consumo idrico, scatta la trappola burocratica che prevede che voi quel buco nel terreno lo dovete segnalare al Comune, il quale vuole sapere se la vostra è acqua potabile o meno. Malauguratamente fosse bevibile, alla prima crisi idrica comunale potreste vedervi arrivare sotto casa un'autobotte con i vigili urbani ad imporvi di dargli la vostra acqua.
Perché non è veramente vostra, ovviamente, ma della collettività, se è utile, perché non siete padroni delle risorse del sottosuolo. Se non è potabile (e può capitare), magari perché solfurea o salmastra, voi avrete speso inutilmente i soldi del pozzo, ma il Comune ve la lascierà tutta senza problemi...

Cura e mantenimento
Non è che se date un'innaffiata l'orto rimanga sempre bello in ordine... magari! Fin dal Medio Evo si sa che la rotazione delle colture permette di non impoverire il terreno: le piante usano i sali e le sostanze nutritive che trovano nel terreno, ma lo fanno in maniera diversa le une dalle altre. Se non volete ritrovarvi con un appezzamento sterile dopo appena tre anni di coltivazione dovrete piantare seguendo un preciso schema stagionale, lasciando sempre una parte del vostro orto incolta a riposare.
Per aumentare le sostanze nutritive dovrete aggiungerle con i fertilizzanti: compost, torba, stabbio o fertilizzanti chimici. Quest'ultimi sono i più costosi, gli altri sono più economici.
Il compost è quello che potete facilmente farvi anche in casa con una compostiera, che non è altro che un contenitore o una buca nel terreno dove butterete l'erba del prato falciata, potature, la frutta guasta o le bucce, foglie secche ed una sostanza chimica che comprerete appositamente da versare sopra a questa roba e che aiuterà i batteri presenti nell'ambiente a decomporla e a trasformarla lentamente in una sorta di terra fertile da aggiungere al terriccio microfiltrato su cui pianterete le vostre lattughe.
"Decomporla"? Ebbene sì: Madre Natura segue il motto latino "Mors tua vita mea".
La torba la comprate perché è un terriccio speciale che viene estratto dalle torbiere e segue lo stesso principio base elencato pocanzi.
Lo stabbio... puzza. Ve lo dico subito. Trattasi di feci animali miste a paglia. Cacca.
Generalmente prodotto dalla stalla del vicino: no, non quello con le pecore o le capre, ma quello con le vacche e i cavalli. Lo sterco degli ovini è acido e rovina il terreno; le margherite fumanti sono invece una mano santa per l'orto (prego astenersi da battute tipo "ma che lavoro di m...").

In città
L'orto in città è possibile farlo nei vasi: alcune verdure riescono anche nei vasi a cassetta alti 30/40 cm. Generalmente dalle mie parti li trovo con prezzi variabili dai 13 ai 18 euro, escludendo i sottovasi. Va aggiunta una sacchetta di argilla espansa per aumentare il trattenimento dell'acqua ed almeno tre sacchetti di terra da 5 Kg. Ci potete piantare lattughe, cicorie, bietole e broccoli, e se comprate quelli un po' più alti ci potete piantare anche pomodori e fagiolini ed anche le carote. Invece della zappa e della vanga, qui vi basta una paletta ed un innaffiatoio.
Saranno meno spirituali, ma sono più utili di un bonsai...

Ed il resto?
Il Signor Carin, dopo l'orto spende appena 33/36 euro al mese per integrare la sua dispensa. Salvo che egli non sia un vegano, necessità anche di prodotti derivanti dall'allevamento del bestiema come tutti noi, nonché di derivati delle graminacee, sostanza principe dell'alimentazione umana.

Partiamo dal presupposto che nella bella casa bianca che si vede nello sfondo della foto, il Signor Carin possiede un forno di tutto rispetto e quindi non compra il pane, ma acquista direttamente la farina, ed immaginando che non si nutra solo di pane azzimo, acquista anche il lievito oppure è veramente bravo e si fa anche questo da solo.
Quanto costa la farina? Da noi, in provincia di Roma, troviamo pacchi di farina 00 da 1 Kg. ad 1 euro. Il pane lavorato dal fornaio ha un costo che varia in tutta Italia tra i 2 ed i 4 euro al Kg.
Magari, visto che lo si fa in casa, non c'è bisogno di farlo tutti i giorni e dopo qualche tentativo vi riuscirà anche a voi. Ma quanto avete risparmiato rispetto al forno?
Per farvi una ciabatta vi servono ad occhio e croce 500 gr. di farina e circa un'oretta tra lavorazione, riposo e cottura. Fate voi i conti...
Se siete proprio decisi a far da soli, a questo punto vi conviene non comprare il lievito e fare direttamente anche quello: il lievito naturale si chiama Pasta Madre e qui trovate una guida per crearla. Auguri di cuore.
Va da se che se fate il pane, fate anche la pasta asciutta ed i dolci, sebbene quest'ultimi richiedano ingredienti di origine animale in alcuni casi, come il latte e le uova, ed, ovviamente lo zucchero.

Prodotti animali
Alcune cose possono essere relativamente facili da procurarsi disponendo di un terrenuccio: ad esempio le uova. Le galline hanno un costo iniziale ad animale di alcune decine di euro; a questo va aggiunta la costruzione del pollaio e le spese per il mangime. Diciamo che 10 Kg di spezzato costa tra i 3 ed i 5 euro. Per tenerle calde va comprata un po' di paglia una volta ogni tanto. Se avete le anatre o i germani vi serve d'obbligo anche un contenitore basso per l'acqua e potrete nutrirli anche con bucce di frutta e verdura ed un po' di pasta scotta: preparatevi psicologicamente al fatto che tali animali lasciano macerare in quell'acqua il cibo non secco che gli darete e quindi la vaschetta andrà ripulita con regolarità. Deve essere alta pochi centimetri: potreste usare anche un grande sottovaso. Sono animali che richiedono tempo e cura e pure un po' di spazio per muoversi e ruspare, soprattutto le galline, che magari vanno liberate una volta ogni tanto ed andranno a beccare qua e là qualcosa per conto loro.

Il pesce non è un problema se sapete come e dove pescarlo, ma sappiate che se non avete una licenza e non sapete dove andare vi possono anche multare: a questo si aggiungono i rischi da inquinamento, non indifferenti. Nel film "Il pranzo di Ferragosto" il protagonista propina del pesce pescato nel Tevere a Roma: se piazzava a tutti una bella pasticca di Uranio o Cobalto era meglio...
Se desiderate avvelenarvi potete provare anche con scorfani, ricci, cozze e vongole raccolti sotto costa: un bello avvelenamento da staffilococco non ve lo leva nessuno!!!

Latte fresco e formaggio sono procurabili in campagna solo da chi ha le stalle con vacche ed ovini: difficile che possiate ottenere risultati dalla singola capretta (che comunque ha un costo di acquisto e di mantenimento) come fa il nonno di Heidi... Se proprio volete diventare pazzi fino a questo punto leggetevi questo forum...

La carne? Davvero qui si rientra nel difficile. Primo passo e domandarsi se siete capaci di ammazzare un animale che avete allevato per cibarvene; poi dovete chiedervi se riuscireste ad ucciderlo a mani nude o di accompagnarlo al macello. Infine dovete chiedervi se potete lavorarla voi quella carne e come contate di conservarla e consumarla. Se avete lo stomaco di vedere i quarti di maiale che frollano nel garage o in cantina, complimenti per voi.
La cacciagione risolve solo un problema: quell'animale non lo avete allevato voi e probabilmente non gli avete tirato il collo per ucciderlo, ma gli avete sparato.
Rimane il discorso di doverlo scuoiare, squartare, dissanguare e macellare, perché non è esattamente come raccogliere una mela dall'albero.

Quindi facendo un rapido calcolo, dovete sicuramente procurarvi carne, latte, pesce, ma anche legumi, il burro, l'olio (salvo che non abbiate piantato degli alberi, ma in tal caso dovrete calcolare il costo del frantoio), vino (che segue un discorso analogo a quello dell'olio). E l'acqua? In molti casa l'acqua del rubinetto è potabile a patto di mettere un filtro in casa per drenare calcare e ferro nei tubi. Ma in altri casi va acquistata ed ha un costo di circa 3 euro ogni 6 bottiglie, al supermercato. Ogni umano deve integrare circa 1,5/2 lt. d'acqua al giorno: quindi bevete almeno una bottiglia tutti i giorni. Facendo il calcolo su una famiglia di 4 persone e senza spendere eccessivamente diciamo che spenderete ad occhio e croce al mese:
Acqua: 4 conf. x 3,00 € = 12,00 €
Latte: 3 conf. (1 lt.) x 2,00 € = 6,00 €
Legumi: 4 barattoli (250 gr.) di fagioli x 1,50 € = 6,00 €
Olio: 2 bottiglie (1 lt.) x 4,00 € = 8,00 €
Burro: 1 conf. (500 gr.) x 2,50 € = 2,50 €
Zucchero: 1 conf (1 Kg.) x 2,50 € = 2,50 €
Pesce fresco: 1 Kg x 18,00 € = 18,00 €
Carne rossa: 1 Kg x 15,00 € = 15,00 €
Pollo: 1 Kg x 10,00 € = 10,00 €
TOTALE: 80,00 € al mese per 4 persone.
Togliamo il pesce e dimezziamo la carne rossa? 80,00 € - 22,50 € = 57,50 €.

Risultato? Il Signor Carin non vive in Italia.

mercoledì 10 novembre 2010

Un luogo di perdizione: il brico center!

Ebbene sì! Sofro di Sindrome da Black & Dekar, come del resto un numero particolarmente alto di maschi italiani tra i 25 ed i 55 anni: non mi serve assolutamente alcun attrezzo elettrico, ma come vedo un trapano o una motosega esposta, resto calamitato davanti allo scaffale.

Non ci posso fare nulla. Per non parlare poi di tutti quegli attrezzi di cui, sicuramente, qualunque comune essere umano può tranquillamente fare a meno: la sega rotante per tagliare a misura le tavole di legno, il martello pneumatico, la motozappa, il tornio per il legno e quello da carrozziere, fino ad arrivare alla fiamma ossidrica o anche solo all'affettatrice da salumiere semiprofessionale.

Che invenzioni! Che mirabilia! Che roba inutile in una comune casa media nazionale!


In realtà, 'sta roba non viene venduta a noi profani, ma a chi la impiega proficuamente per dar da mangiare alla propria famiglia: magari investe qualche centinaio di euro e poi se lo ammortizza lavorandoci come uno schiavo sopra per dieci ore al giorno.

Posso immaginare che un muratore o un carpentiere o un pittore edile non trovi esattamente paradisiaco entrare in un brico center: francamente non trovo esaltante entrare in un negozio di informatica, perché ne esco o deluso o pensoso (lo compro? Non lo compro? Lo compro qui o lì?). Effetto analogo deve farlo il brico, per chi con quella roba ci lavora.

Ma per i comuni mortali, un brico center è il luogo dove il bambino che è in noi può uscire fuori camuffato da distinto signore che vuole rendersi utile in casa: tutta fuffa!!! Altro che aiutare madri, fidanzate e mogli a riparare impianti elettrici e controsoffittature: il bricolage è ne più e ne meno che una versione formato 1:1 del modellismo statico di quando eravamo ragazzini, un Meccano o un Lego formato gigante.

Invece del kit BBurago o del Focke Wulf della Italeri c'è la coimbentazione della cantina o il restauro della credenza della nonna: cambiano le dimensioni e le destinazioni d'uso, ma nelle nostre teste sappiamo che i principi base sono gli stessi!

Giusto questa Estate ho fatto due salti in quel di Civitavecchia al brico center alla ricerca delle mollette reggi-tovaglia per il tavolo del terrazzo: oggi i brico non sono solo delle ferramenta, ma ci si trova di tutto, dai casalinghi alla roba per gli animali, il giardinaggio, i patchwork e compagnia bella, maglia ed uncinetto compresi.
Ovviamente sono uscito di lì senza le mollette, ma con 25 euro di prodotti per l'auto.
Appena sono entrato ho avuto un attacco della suddetta Sindrome: una sega per le siepi.
Bellissima ed in offerta speciale a quasi 200 euro.
Ovviamente in casa non abbiamo siepi, ma era favolosa e la trovavamo stupenda in cinque: tutti maschi e tutti a guardarla come degli scemi, compreso un signore alla mia destra... proprio a lui, una signora che passava di lì, guardandolo lo apostrofa: "Antò... ne tenemo già due de quelle... vié via che ssemo qui pe i cuscini!"
"Antò" sospira e se ne va sconsolato insieme a lei...

Ecco questo è emblematico: mi sono chiesto se "Antò" aveva una siepe in casa, oppure se semplicemente quando vedeva una sega per siepi cacciava fuori i soldi dalla berta per farsi un regalino fuori stagione... E mi sono chiesto anche se la signora capiva che "Antò" s'era imbambolato come fanno le ragazze davanti ad un abitino in offerta: ne hanno interi armadi pieni, ma non resistono alla magliettina a 10 euro identica a tutte quelle che già possiedono.
Ai maschi frega meno di come si vestono e più di ferramenteria: non riempiono armadi, ma cassette degli attezzi. Ormai i cacciaviti li vendono direttamente in set e non singoli: ti serve un cacciavitino piccolo per una vitarella del cavolo a taglio? Compri il set da 25 cacciaviti della Beta a 30 euro e vedrai che nel mucchio c'è pure quello che ti serve a te!

Nel più completo rincoglionimento una volta ho comprato lo stesso cacciavite due volte convintissimo di averne presi due diversi: solo a casa mi sono accorto della cavolata.
La cosa più inquietante è l'effetto di onnipotenza che ci infonde il brico center: quando entriamo e vediamo tavole di legno, pedane di metallo, mattonelle, ci vengono in mente le idee più grandiose come rifare il pavimento del bagno, costruire l'armadio a muro, realizzare angoli a scomparsa e paratie dentro casa... tutta roba che la maggior parte di noi non saprebbe nemmeno progettare, figuriamoci realizzare davvero!

Generalmente in questi luoghi di perdizione, viene incontro al nostro uzzolo da architetti ed ingegneri edili, qualche fantomatico scaffale con gli immancabili manuali: libri ed opuscoli a vario prezzo che fanno passare la realizzazione di una parete divisoria in traforati semplice ed alla portata di tutti, come se fosse un'operazione identica all'aggiunta di una nuova torre al Castello del Cavaliere Nero della Lego...
A leggerli bene, però, capita abbastanza spesso consigli del tipo "nel dubbio, contattare un professionista" o "per ralizzare a norma la tale cosa, contattare un professionista in grado di rilasciare la certificazione" oppure "attenzione a fare questo se non volete causare danni strutturali alla vostra casa": è a questo punto che lasciate incompiuto l'impianto elettrico e la sala hobby, aspettando di avere qualche miliaio di euro da spendere per il fantomatico professionista, che dopo aver scoperto che avete provato a fare da soli, vi spennerà fino all'inverosimile, solo per punirvi della vostra presunzione!

C'è una cosa che è per certi versi agghiacciante: tempo fa passando davanti alla vetrina di un giocattolaio di Roma mi sono imbattutto in una serie di confezioni marchiate Black & Dekar. Sono riconoscibilissime, nere ed arancioni. Non capivo: che caspita ci fanno dei trapani in esposizione in un negozio per bambini? Semplice... erano trapani giocattolo!
Tutta il catalogo dell'azienda in formato giocattolo, decespugliatore, fresa e tornio compreso. Ovviamente non poteva mancare il tavolo da lavoro ed il carrello porta-attrezzi come quello di papà.

Capite? Come la Barbie è lo strumento indispensabile a preparare le ragazze a svaliggiare i negozi di pret-a-porter durante i saldi e le bancarelle dei mercatini esitivi, così la Black & Dekar si è ragionata di prepararsi fin dalla più giovane età i futuri acquirenti di seghe e taglia-siepi!

Non c'è speranza... siamo condannati, uomini e donne di questa Terra, a spendere una parte dei nostri guadagni in cose totalmente inutili, in doppioni di cose che già abbiamo, ma pur sempre ad appagare quell'uzzolo incontrollabile che generazioni di preti cattolici non hanno mai saputo sconfiggere: la voglia di shopping...

lunedì 8 novembre 2010

ADSL: la rete sta crollando a pezzi.


Chiedo perdono a chi mi legge, ma ho avuto un lungo periodo di pensieri, problemi, impicci e difficoltà che mi hanno costretto a non scrivere più su nessuno dei miei blog. A dire il vero di bozze di articoli ne ho collezionate una montagna intera, ma per vari motivi non ho mai trovato il tempo di completarli, correggerli e pubblicarli: restano lì, in attesa di una nuova ennesima lettura, sperando che qualcosa ne venga fuori.

Premesso questo, sebbene in teoria non dovrei trovarmi qui a scrivere queste righe, ma dovrei mettermi a sbattere il muso sul lavoro, ho pensato di distrarmi farcendo una capatina da queste parti e trovandovi roba vecchia di tre mesi, mi son detto "butta giù due righe"...

Di che ciarlare? Auto? Economia? Politica? No, ADSL!

Lo spunto viene da una ricerca fatta in queste ore che mi ha fatto cadere l'occhio su un bell'articolo di Alessandro Longo. Per chi non lo sapesse, Alessandro scrive per l'editore Apogeo e per molti giornali, dal Corriere al Sole 24 Ore, passando per Repubblica, è un esperto informatico ed ogni tanto si trovano suoi articoli anche su riviste specialistiche: per chi fosse interessato segnalo anche il suo sito personale, Alessandro Longo. Telefonia, hi-tech e giornalismo.

Dall'articolo emerge una situazione un po' paradossale: negli ultimi anni ci hanno intasato la testa con chiacchiere sull'aumento della velocità in download delle connessioni ADSL, ma la realtà è che la rete telematica, che ancora oggi si appoggia quasi integralmente su quella telefonica, sta crollando inesorabilmente a causa della vetustà delle infrastrutture. Per farla breve... teniamo i doppini degli anni '70 e le paline del '60: i primi so' fracichi le artre c'hanno i buchi e crolleno...

Ora voi direte quello che si sono detti tutti i dirigenti di aziende telefoniche d'Italia: "maledetti tarli"... "governo ladro, piove sempre sul bagnato"... "piove sempre"...

Soprattutto l'ultima ("piove sempre") è il problema maggiore: sulle paline italiane (fonte primaria di cibo per i tarli del continente europeo) le guarnizioni dei cavi realizzate con modernissimo (all'epoca lo era... Giulio Cesare in una seduta spiritica potrà confermarlo) caucciù si sono vagamente deteriorate ed ora chilometri di doppini di rame (metallo che notoriamente non si ossida come gli altri metalli... ma lo fa molto più celermente...) sono bellamente alle intemperie.
Ora... fossimo ancora sotto il Fascismo, il gerarca locale si presenterebbe dinnanzi ai cavi scoperti ed imporrebbe loro di continuare a funzionare anche sotto il nubifragio ed essi, i cavi, con maschia baldanza, ubidirebbero al grido "Me ne frego!"... Ahinoi siamo sotto la Repubblica ed ergo non disponiamo di taumaturgici gerarchi, ma di comunissimi tecnici, i quali dinanzi ai cavi scoperti, non disponendo di altri mezzi, dicono loro "Me ne frego!", girano sui tacchi e se ne vanno scribacchiando qualcosa sul verbale d'intervento...

Ecco, come emerge dalla cronaca e dall'articolo in questione, dopo almeno sedici anni di manutenzioni menefreghistiche, il risultato è che Mamma Telecom risolve il problema chiudendo 50 centraline e dichiarando che Lei, quando piazza un contratto da 7 Mega almeno 2,1 Mb/s di download riesce sicuramente a garantirli (sottointendento che se state viaggiando a velocità superiori è per puro caso, loro non centrano nulla...) e tanto ci dovrebbe bastare, mentre si cerca una soluzione, la più vantaggiosa possibile per loro...

Altri, come il mio operatore TeleTu, affermano che adotteranno dei metodi per garantire a tutti i clienti di raggiungere almeno i 2,1Mb/s di download: cioè faranno carte false per costringere i clienti ad usare Internet come se avessero una 56Kb e non una connessione ADSL. Quindi se ne escono fuori con la curiosa idea che le linee ADSL servono per navigare nei siti web e leggere la posta elettronica, oltre a fare le telefonate in VoIP.

Praticamente TeleTu cassa gli ultimi 5 anni di innovazioni telematiche ritenendo che l'ADSL come viene usata oggi è usata male (streaming video, gaming on-line, peer-to-peer... tutte cose demoniache perché loro non sono capaci ad offrire un servizio che possa supportare quest'uso della rete...).

A voler essere franchi se dovete leggere la homepage di Google News, cercare un indirizzo su Google Map, leggere la posta elettronica, magari su G-Mail e, magari anche scrivere su un blog su Blogger e sbirciare il video del gatto del vicino su YouTube... risparmiatevi i soldi dell'ADSL domestica e compratevi un moderno smarthphone: vi bastano 5 euro al mese (avete letto bene) per fare tutte queste cose e scaricare in un mese da 3 a 5 Gb di dati (in base all'operatore scelto)... "perché pagare di più"?

I due ISP che se la cavano meglio sono Tiscali e FastWeb: la prima probabilmente ottiene questi risultati solo in Sardegna, dove ha la sede, la seconda offre ottimi servizi solo in ULL, cioè se si è connessi con la fibra ottica direttamente alla loro linea, mentre in wholesale con Telecom Italia offre poco di più (ma da alcune cose lette in giro per la rete, funziona come tutti quanti gli altri).

Ormai le differenze si notano solo tra contratto domestico e business, ma solo ed esclusivamente perché un'azienda paga il doppio di un utente domestico e se il servizio non è perlomeno decente, raramente ripiega sulla conciliazione paritetica, ma lascia il tutto in mano al legale (facesse lui) o cambia fornitore senza battere ciglio, considerandoli tutti uguali e sacrificabili senza remore.

La verità è che non c'è soluzione (trasferirsi negli States? Oppure a Bora-Bora a coltivar vaniglia...). Se il problema è nell'infrastruttura di base, non essendoci un centro unico di controllo, si può solo aspettare e sperare nei vari progetti, quasi tutti di rilevanza locale, che fanno finta di trovare una risposta che già c'è, ma che nessuno vuole dichiarare apertamente: bisogna buttare tutto giù e sostituire i doppini con i coassiali.

Il problema è che nel nostro Paese tutto si è sempre mosso con almeno dieci anni di ritardo, ma su questo problema non ci si può far nulla perché fuori dai nostri confini i nostri concorrenti si sono mossi da soli 5 anni e stanno sperimentando solo ora, mentre da noi si comincia già ad avere problemi adesso, prima che gli altri abbiano trovato una soluzione da comprare a scatola chiusa e da spacciare al Grande Pubblico come pura innovazione italiana.

Internet ha causato uno schock all'Italia come nazione: abituati che tutto si muove lentamente, che ad ogni problema c'è almeno un sotterfugio per evitarlo, che per tutto basta una mazzetta per risolvere un dilemma, l'Italia e gli italiani non riescono ad abituarsi a qualcosa di totalmente privo di vie di mezzo e per giunta, pure intransigente, come le reti telematiche.

Su Internet, dal punto di vista pratico e tecnico, le cose sono nette: o accese (1) o spente (0), non si può essere accese a mezza potenza (zeruno... unozero... mezzoruno... zeromezzuccio... zuzù?). In somma, una gran fregatura. Nulla che si possa far finta che non sia: se non funziona, non funziona e questo l'Italiano Medio non può tollerarlo... non c'è abituato mica: ma come? Una cosa che non si può rappattumare? Esiste davvero?
Abituati da circa due millenni che perfino i peggiori delitti possono essere rappattumati in extremis (basta confessarli in punto di morte al prete che ci sta dando il de profundis), mal tolleriamo un ragionamento binario.

Che fare? Beh, s'è capito che vogliono fare: fare fessi gli investitori proponendo idee che nessuno potrà mettere in pratica; otenere fondi pubblici per ricerche che non verranno portate a termine o il cui risultato sarà "meglio lasciare tutto com'è"; lasciare tutto com'è, appunto, ed aspettare.

Ma aspettare che? Semplice: che le paline marciscano e che i cavi si spezzino a causa dell'ossidazione, oppure che le miniere di rame si esauriscano sulla faccia dell'intero pianeta.
Poi chi vivrà, vedrà...