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mercoledì 20 gennaio 2010

Mal’aria 2010: il dossier Legambiente punta il dito sulle fabbriche

Da Periodico Italiano

La più diffusa associazione ambientalista italiana snocciola gli inquietanti numeri dell’inquinamento cittadino ed organizza una campagna per la prevenzione dei danni alla salute dovuti alle emissioni nocive a difesa del diritto, per i nostri polmoni, di respirare aria pulita.

“Per molti di noi l’emergenza smog è una realtà quotidiana” affermano da Legambiente. Nel traffico cittadino le “marmitte sputano monossido di carbonio, piombo, idrocarburi policiclici aromatici, benzene, polveri sottili”. Niente di nuovo sotto la ‘cappa’ che incombe sui centri urbani. L’associazione, però, sottolinea quanto il problema si acuisca in alcune aree specifiche del nostro Paese se si aggiungono ulteriori composti chimici, tossici, e in alcuni casi cancerogeni, emessi da fonti industriali.

“Le polveri sottili insidiano gravemente la salute dei cittadini”, si legge in ‘Mal’aria di Città 2010’ il Rapporto dai risultati allarmanti stilato da Legambiente. Ben 57 città su 88 superano il limite previsto dalla legge. Quali sono i centri abitati dove si respira l’aria più pesante? La maglia nera va sicuramente a Napoli con i suoi 156 superamenti del limite medio giornaliero di 50 microgrami per metro cubo. Seguono Torino (151), Ancona (129) e Ravenna (126). Non male anche Milano (108), Roma (67) e Venezia (60). Dobbiamo preoccuparci? Pare proprio di sì poiché siamo di fronte a “valori molto elevati se pensiamo che per legge sono consentiti al massimo 35 giorni di superamento all’anno” spiegano da Legambiente.

Il problema, ovviamente, non si ferma solo alle polveri. Anche l’ozono nei mesi estivi ha fatto registrare livelli record, se si calcola che dal 1 gennaio 2010 entra in vigore il limite per la protezione della salute umana con un tetto di 120 microgrammi per metro cubo da non superare per più di 25 giorni in un anno. Sembrerebbe infatti che 32 delle 50 città monitorate non rispettino questo limite e che ben otto centri della Pianura Padana si posizionino tra i primi dieci per superamenti del valore di legge. “Sono molte le fonti di emissione che quotidianamente riversano nell’aria grandi quantità di sostanze inquinanti”, si legge nel documento che indica le fabbriche come prime indiziate. Le principali cause di inquinamento atmosferico, infatti, sono rappresentate proprio dal settore industriale e della produzione di energia “responsabili del 26% delle emissioni di Pm10 [ovvero il materiale presente nell'atmosfera in forma di particelle microscopiche], del 23% di NO2 [il perossido di azoto ipoazotide], 79% di SOx [dovuto alle emissioni delle navi] e 34% di idrocarburi policiclici aromatici rispetto al totale nazionale”.
A questo cocktail velenoso deve aggiungersi il contributo dei trasporti, soprattutto quello su strada che concorre “per il 22% alle emissioni totali di Pm10, 50% di NO2 e il 45% di CO e il 55% del benzene rispetto al totale nazionale”.
Il panorama dipinto da Legambiente è preoccupante per quel poco che si riesce a percepire dietro la foschia. Possibile, però, che non ci siano soluzioni per bonificare la Mal’aria di città? Sembra di sì e le ricette sono illustrate nel Rapporto che ci spiega che abbiamo “almeno due interventi che si possono fare senza il bisogno di impegnare ingenti risorse economiche”. Innanzitutto è necessario “assicurare al trasporto pubblico di superficie la possibilità di una maggiore fluidità estendendo il più possibile la rete di corsie preferenziali” con la conseguente sottrazione di spazio alle automobili e una reale concorrenzialità del bus rispetto alle vetture private. A questo andrebbe aggiunta l’adozione di un pedaggio urbano per le aree più congestionate al fine di ridimensionare gli ingorghi, regolare il regime del traffico, migliorare l’efficienza del trasporto pubblico e ridurre le emissioni inquinanti. Sembrerebbero due consigli semplici da attuare se non si trattasse “di superare le obiezioni politiche”, concludono da Legambiente, “e di trovare un prezzo di mercato equo per un bene assai scarso (lo spazio urbano) che fino a oggi è stato ‘offerto’ gratuitamente agli automobilisti”.

Francesca Lippi

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