Me pizzica, me mozzica, me devo da sfogà...

venerdì 19 marzo 2010

Miti e leggende sui ciclisti e le biciclette

Tutti noi, chi più e chi meno, abbiamo avuto a che fare con questo misterioso strumento atto al trasporto di cose e persone: la bicicletta.
Essa ha la peculiarità di mettere a dura prova uno dei principi cardine della nostra biologia, frutto di circa 4 milioni e mezzo di anni di evoluzione, dall'Orrorin all'Homo Sapiens Sapiens: il bipedismo.
L'invenzione derivata dal brevetto di Karl Drais ci chiede di divenire tutti un po' equilibristi ponendoci su due sole ruote poste in linea, una dinanzi all'altra, chiedendoci di spostarci in avanti grazie al lavorio delle nostre gambe, trasformandoci da bipedi a biciclici...
L'Italia è piena di persone che vanno in bicicletta, molti di noi hanno avuto quest'oggetto in casa e l'hanno usato per spostarsi, magari andandoci a scuola oppure per incontrarsi con gli amici in piazza anche se da grandi ci siamo trovati poi ad adorare l'utilitaria ed a guardare fuoriserie, superberline e SUV con la voglia di farci un giro, ma felicissimi di spendere 60 euro per un pieno e farcelo durare una mesata abbondante.
Proprio in questa fase della vita abbiamo scoperto che al mondo ci sono due tipi di ciclisti: quelli che come noi usano la bicicleta per ciò che è, un mezzo di trasporto e gli Altri, quelli che lasciano l'auto a casa e giocano a fare Pantani nel week-end (ma spesso anche in tutti gli altri giorni della settimana): i ciclisti "sportivi" o "della Domenica".

Oggi è Venerdì, ma, ahimé, è anche il 19 Marzo, giorno di San Giuseppe, festa del papà e, soprattutto, Santo Patrono di Santa Marinella, la mia città.
Per me è un giorno lavorativo come un altro; per alcuni è il giorno per calzare una ridicola tutina attillata con finti sponsor, casco aerodinamico, occhialoni a fascia specchiati fuori moda, ed inforcare la super-bicicleta in fibra costata un Perù per andare a zonzo con gli amici a giocare a fare gli sportivi, buttandosi in 4 o 5 nel traffico del Venerdì, ulteriormente rallentato dalle bancarelle in allestimento e dal sommovimento dei lavoratori che alle 13.00 si dirigono verso l'agognata pausa pranzo.

Il simpatico quartetto di ridicoli emuli di Fausto Coppi ha ritenuto di potermi tagliare la strada da sinistra all'incrocio, sbucando come pazzi senza rispettare Stop e precedenze ed inserendosi sulla corsia in maniera tale che solo se mia madre mi avesse dotato di un occhio posto dietro l'orecchio li avrei potuti vedere. Fortuna loro che ho buoni riflessi, dati dall'età (perché una persona anziana li avrebbe fatti secchi sicuramente) e che la mia utilitaria ha più sistemi di emergenza in frenata di un'auto di Formula 1 (potenza nipponica): ovviamente gl'incoscenti avevano da ridire... loro, ciclisti, hanno sempre la precedenza e sulla strada possono fare quello che gli pare.
Peccato che non sia assolutamente vero: i ciclisti sulla strada non hanno affatto sempre la precedenza e non possono fare tutto quello che gli pare, anzi il Codice della Strada, concede loro di fare ben poco, soprattutto nulla di quello che fanno generalmente i ciclisti sportivi.

Il mito della precedenza assoluta
In Italia gli unici che avrebbero una precedenza assoluta sono i pedoni: i ciclisti (che non sono divisi tra sportivi e meno, ma sono intesi solo come gli utilizzatori dei cicli, cioè dei mezzi di trasporto a pedali) sono accomunati ai conducenti dei mezzi di trasporto a trazione animale. Hanno la precendeza solo in un caso, quello dell'incrocio incustodito. Cioè se si è in un incrocio incustodito, voi che guidate la macchina dovete dare la precedenza al ciclista che attraversa, anche se proviene da sinistra, il ciclista la deve obbligatoriamente dare a qualsiasi ciclista che gli provenga da destra ed indistintamente a tutti i pedoni.
Morale: quello che mi è capitato tre mesi fa a Civitavecchia non può mai accadere. Se sto attraversando a piedi un incrocio perché è verde per i pedoni, il gruppo di ciclisti che viene dalla mia sinistra si deve fermare e lasciarmi passare.

Il mito della circolazione in gruppo
I ciclisti non possono viaggiare in gruppo, ne affiancati: possono circolare solo in fila, uno dietro l'altro, mantenendo la distanza di sicurezza tra bicicletta e bicicletta.
Qualcuno glielo spieghi perché ancora non l'hanno capito: loro la carreggiata non la possono occupare tutta. Devono stare sulla destra incolonnati come gli indiani e basta: se vogliono dirsi qualcosa tra loro possono fermarsi e parlare, basta che non occupino tutta la carreggiata per farlo. Non esiste nessun motivo lecito o valido che conceda ai ciclisti la facoltà di circolare in gruppo.

Il mito del sorpasso
Di fatto oggi i quattro simpatici individui mi hanno superato da sinistra. Peccato che il codice della strada lo vieti espressamente: i ciclisti non possono mai compiere un sorpasso, nemmeno di altri ciclisti. Se quello che hanno avanti va piano, si devono accodare.

Il mito dell'invalidità dei cartelli
Secondo alcuni i cartelli stradali sono rivolti ai soli automobilisti e non agli altri utilizzatori della strada, eppure il CdS dice l'esatto contrario. Un ciclista che imbocca contro mano una strada o una corsia commette un'illecito come se lo avesse fatto un motociclista o un automobilista. Lo Stop, questo sconosciuto, vale per tutti. Stessa cosa per tutti gli altri cartelli: molte sentenze di tribunale e della Corte di Cassazione hanno definitivamente chiarito che la bicicletta è un mezzo di trasporto a tutti gli effetti e come tale soggetta al rispetto di tutte le regole del Codice della Strada. Solo se il ciclista scende dalla bicicletta e la trascina a mano, diviene un pedone e può essere assimilato ad essi.

Il mito dell'assenza delle piste ciclabili
Molti dicono che il numero e la lunghezza delle piste ciclabili è troppo basso, e qui bisogna dargli ragione. Verissimo: ce ne vogliono di più.
Però dentro Roma, ad usarle sono più i tassisti che non le biciclette e quei pochi temerari che le praticano sulle due ruote, possono vantare di arrivare in ufficio puntalissimi attraversando le zone più centrali a tempo di record solo pedalando con calma, godendosi il paesaggio.
In sostanza le poche piste sono anche poco usate. Per di più su si esse ci si ritrova spesso davanti ad una pretesa divisione tra ciclisti e ciclisti sportivi, quest'ultimi convinti di poter usare la pista ciclabile come un velodromo e sicuri che loro, emuli dei Grandi, hanno una sorta di precedenza sul bambino a bordo della bici con le rotelle affiancato da papà e mamma.
Peccato che anche in questo caso non sia vero: quel bimbo, per il Codice, è a tutti gli effetti un ciclista come un altro e se proviene da destra all'incrocio della pista ciclabile ha la precedenza sul gruppo di ciclisti (che dovrebbe viaggiare anche qui in fila indiana) che ha l'obbligo di fermarsi e lasciarlo passare...

Il mito dell'inappicabilità del Codice della Strada
Questo vale per tutti gli utenti della strada: il Codice della Strada è, secondo alcuni, inappicabile. Fanfaluche. Lo si può applicare perfettamente, felicemente e semplicemente: chi non ci riesce, ha un problema neuronale ed è bene che rimanga a casa.

Il mito della gara ciclistica
Queste regole però comportano il più atroce dei problemi per il Bartali Domenicale: come cacchio fa a correre? Come fa un gruppo di ciclisti sportivi a cimentarsi nella loro disciplina preferita?
Il Codice della Strada è lì col solo scopo di evitare il più possibile che le persone crepino sull'asfalto: rispettandolo tutto pedissequamente il numero di morti sull'asfalto si ridurrebbe ai soli meri incidenti derivanti da caso, fatalità o malori.
Il CdS in sostanza non sta lì per gli sportivi. La soluzione che offre loro rimane quella proposta anche ai patiti dell'alta velocità in automobile: s'affittino una pista.
In teoria le società sportive ed il CONI esistono proprio per questo: visto che non si può usare la strada comune per farci le gare quando ci pare, gli enti sportivi, dovrebbero mettere a disposizione di chi vuole praticare appunto uno sport le infrastrutture utili al caso.
Ergo il ciclista della Domenica fa una bella colletta con gli amici, si carica la bici e l'attrezzatura in macchina, si dirige al velodromo e si affitta la pista, potendo così allenarsi a fare Pantani quanto vuole, in sicurezza, senza rompere gli zebedei il Venerdì mattina a chi lavora e non gioca.

Il mito dell'impossibilità di infligere la multa
Questo mito non è rivolto tanto ai ciclisti sportivi, quanto alle forze dell'ordine: quando si vede un gruppo di ciclisti che violano il codice della strada, li si può tranquillamente fermare e multare.
Da alcuni anni ci si limita ai limiti di velocità, al superamente col copertone della striscia bianca o di uno o due minuti sul disco orario. Giustissimo: ma se il gruppo in corsa non rispetta il semaforo rosso e vengono spianati dall'autobus che ha il verde, forse sarebbe stato meglio fermarli e multarli qualche volta quando ce ne era l' occasione. Forse gli sarebbe entrato un po' di sale in zucca, prima che la zucca si andasse a sfondare conto il paraurti della corriera...

Per approfondire:
Foto di Tatlin Grafica, Ercolano (NA).

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutto vero. Ma i ciclisti sono uomini, molti italiani e come tali fanno un po' quello che vogliono. Se poi vogliamo parlare degli automobilisti arriviamo a dire le stesse cose. Non conosco nessun automobilista, me compreso, che abbia mai rispettato un limite di velocità. Morale della favola, l'Italiano è incivile. Se poi te la prendi in particolare con i ciclisti perchè sei invidioso che possono permettersi di fare sport, allora è un altro paio di maniche.

Claudio Lippi ha detto...

Personalmente ieri ho fatto il rinnovo della patente ed in 10 anni ho preso una sola multa per aver scordato il disco orario... gli amici mi prendono per i fondelli perché, appunto, mi tengo sempre nei limiti di velocità. Non esiste nessun motivo reale o logico per non rispettarli: è semplicissimo rispettare il Codice della strada, tutto qui. Chi non lo rispetta lo fa solo perché è pigro e non vuole rispettarlo e non perché sia difficile farlo.

L'invidia di fare sport? Sono sempre andato in bicicletta da ragazzino e non ci trovo nulla di tanto particolare per provarne invidia: credo che anche questo rientri nel mito dei ciclisti... sono convinti che chi li apostrofa per strada provi invidia nei loro confronti... narcisismo puro: chi li apostrofa per strada è semplicemente incazzato pensando all'impiccio inutile che questi sono, non prova proprio nessuna invidia, ma rabbia per i problemi che un gruppo di perditempo stanno causando a chi lavora e solo per egoismo e cattiveria: i ciclisti sportivi vogliono creare problemi al traffico, per ripicca ed arroganza.

Morale della favola l'italiano è incivile, vero, ma soprattutto è ipocrita: si comporta come un imbecille e chiede di non venir giudicato come tale. Troppo comodo: quando incontro un imbecille preferisco dirgli quello che penso, può essere che gli faccia bene e che cominci a capire come si vive...

Anonimo ha detto...

Neanche io ho mai preso una multa, pur facendo almeno una decina di infrazioni al giorno. Chi riesce a prendere una multa è perchè è veramente un pirata. Gran parte degli automobilisti sono dei criminali che ostacolano la vita di chi cerca di andare a lavoro senza commettere troppe infrazioni. Spesso questi criminali in automobile provocano incidenti mortali. Ogni anno in Italia muoiono più di tremila persone per incidenti provocati da automobilisti, camionisti ecc. Di ciclisti maleducati ce ne sono, ma sono un problema del tutto marginale rispetto al resto che c'è sulle strade italiane.
L'automobile rende nevrotici, intolleranti e incazzati per non sò quale legge della fisica. Vedo tutti i giorni gente nevrotica per strada in auto. Poi sul posto di lavoro la calma totale. La pace eterna. Quegli stessi uomini che un attimo prima erano infuriati per la vecchia imbranata in cinquecento, ora non con affanno muovono le dita sul loro PC.
ITALIANI.

Claudio Lippi ha detto...

Forse sono nevrotici perché sanno che il loro datore di lavoro se ne frega del motivo per cui sono arrivati in ritardo in ufficio.
Quando vivevo dentro Roma per fare i 15 km che mi dividevano dall'ufficio impiegavo coi mezzi pubblici non meno di 1 ora e un quarto: in automobile c'avrei messo anche due ore (feci la prova). Ovviamente per stare in ufficio alle 8.30 significava uscire di casa alle 7.00 (nulla di trascendentale). Tornando a casa dal lavoro per lo stesso tragitto, in auto, ci volevano 2 ore esatte. Mi pare che farsi venire una nevrosi non sia tanto strano.
Il problema dei ciclisti è sentito soprattutto in provincia dove ovviamente il traffico non è così intenso, ma qualcuno mi deve spiegare perché una persona normale dovrebbe abbozzare se di lunedì alle 8.00 del mattino si ritrova sull'Aurelia 10 imbecilli che occupano la carreggiata per giocare a fare Pantani: non è nevrosi, ma capire che quei 10 personaggi stanno solo cercando di creare un problema col preciso scopo di entrare in rissa. Per quanto riguarda il discorso automobilistico: non prendo multe non perché sia fortunato, ma solo perché rispetto il codice della strada, cosa così semplice da fare che ci riuscirebbe anche un bambino. Ora se davvero qualcuno non ci riesce (cosa che non credo) necessita di andare dallo specialista (neurologo) perché ha dei problemi davvero gravi.
Nell'articolo faccio riferimento agli articoli del codice che riguardano i ciclisti e sono appena una decina: eppure costoro affermano che sono inapplicabili!
La verità è che i ciclisti, come anche gli automobilisti indisciplinati, non hanno nessuna scusante e non meritano nessuna comprensione. Se non riescono ad applicare dieci regole in fila di una banalità elementare farebbero bene a rimanere chiusi in casa perché sono un pericolo per se e per gli altri. Del resto perché gli altri dovrebbero subire passivamente questa gente che di fatto non sta facendo nulla di utile per la società? Giocano e nient'altro. Poi possiamo chiamarlo anche sport se ci fa piacere, ma la realtà è che giocano e pretendono che il loro gioco crei un danno a chi lavora.

PS: mi domando se questi ciclisti "sportivi" quando incontrano un gruppo mentre stanno andando a lavoro mantengano un comportamento calmo e distaccato mentre si ritrovano su strade col limite a 70 costretti a viaggiare a 30...

Anonimo ha detto...

Sono un ciclista sportivo e nonostante questo mi trovo d'accordo con gran parte di quello che hai scritto anche perche' il codice civile ti da' ragione in tutto e per tutto. Io sono uno di quei non numerosi ciclisti sportivi che circolano in fila indiana e rigorosamente a destra. Solo un paio di appunti che posssono essere utili. L'automobilista che ci sorpassa deve passa re ad almeno 1 metro di distanza (non lo fa nessuno!) E in caso di incidente basta ci sia un altro ciclista testimone e l'automobilista passa automaticamente del torto anche se dovesse aver ragione perche magari i ciclisti erano accoppiati ecc..Nei centri abitati si puo, ove possibile (e il codice sta sul generico), viaggiare affiancati massimo a 2, per cui attenzione in caso di controversie. Terzo ed ultimo, ricorda per favore che se anche alcuni o molti ciclisti compiono infrazioni ti prego di considerare che sviste o peggio ancora manovre vendicative degli automobilisti possono provocare la morte del ciclista stesso (devono pagare con la condanna a morte per simili infrazioni?!). Ah dimenticavo la distanza di minima per il sorpasso in diversi altri paesi europei (es. Francia) e' di 1,5 metri, per cui attenzione. Last but not least..per ben tre volte in 10 anni di bici son stato investito da auto e per almeno due volte mi son salvato per miracolo. In tutti e 3 i casi era colpa dell'automobilista per sviste varie. Certo ho incassato belle cifre dalle assicurazioni, ma ne avrei fatto sinceramente a meno. Ricorda che nella maggior parte dei casi negli incidenti bici/auto il torto e' dell'automobilista e inoltre che il ciclista abbia torto o meno ci rimette,fisicamente, quasi sempre lui e soltanto lui.Inoltre la nostra legislazione tutta pro-automobilista e' unica nel suo genere in europa per cui attenzione se si viaggia in auto soprattutto in centro e nord europa, li' i ciclisti sono ipertutelati e lo potrai notare osservando come si comportano gli automobilisti nei loro confronti, che siano accoppiati o in gruppo, ma giustamente o no viviamo in questo paese e dobbiamo rispettare le leggi ivi vigenti.

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