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sabato 27 febbraio 2010

Irsa-Cnr, “nel Fiume Lambro ci mancava anche il petrolio”

Da Periodico Italiano

Non bastava il triste primato di fiume più inquinato d’Italia. L’atto a opera di ignoti che, lo scorso 23 febbraio, hanno scaricato nel Lambro centinaia di metri cubi di idrocarburi provenienti dal deposito della ex raffineria Lombarda Petroli di Villasanta in provincia di Monza e Brianza, sta avendo conseguenze disastrose. A dare l’allarmante conferma sono gli scienziati dell’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche di Brugherio Irsa-Cnr che sin dalla metà degli anni settanta contribuiscono a quantificare l’inquinamento delle acque del fiume.

Gli studiosi, prima del fatto, avevano già fissano al 30% il contributo del Lambro al carico totale di inquinanti che viene veicolato dal Po nel Mare Adriatico. Il corso d’acqua, dicono dall’Istituto del Cnr, rappresenta da decenni una delle principali sorgenti di inquinamento antropico lungo il corso del grande fiume Padano a causa della pressione urbana, industriale ed agricola di uno dei territori più sviluppati di Europa.

“Nonostante le difficoltà a raggiungere livelli qualitativi accettabili”, spiega Gianni Tartari, responsabile dell’Istituto di Brugherio, “la situazione alle soglie del secondo decennio di questo secolo dava segnali positivi rispetto al degrado delle acque raggiunto nel passato”. Lo sversamento nel Lambro di petrolio e di oli combustibili è avvenuto dunque in un contesto ecologicamente precario.

Tartari spiega come la situazione stesse lentamente migliorando. I depuratori, infatti, hanno contribuito a determinare un recupero significativo delle acque del fiume, “con presenza di fauna ittica, miglioramento della biodiversità della fauna bentonica e ad un aspetto visivo più accettabile delle acque”.

Ciononostante “la grande quantità di idrocarburi presenti determinerà, per un lungo periodo, un significativo impatto sulla fauna fluviale”. La situazione è solo in parte alleviata dalle portate del fiume di queste settimane, dovute alla elevata piovosità che caratterizza questo inverno. Le precipitazioni, dice il ricercatore dell’Irsa “possono determinare però solo la mobilizzazione degli oli pesanti eventualmente depositatisi sul fondo”. Quelli più leggeri, invece, “vengono dispersi incrementando i problemi alle biocenosi acquatiche sensibili alla tossicità degli idrocarburi policiclici aromatici, degli idrocarburi alifatici e degli altri inquinanti più o meno solubili largamente presenti nei prodotti petroliferi riversati nel Lambro”. La condizione idrologica attuale del Po può quindi favorire l’attenuazione del fenomeno acuto, ma non risolve il problema dell’impatto a lungo termine sull’ecosistema. L’accumulo di idrocarburi nei sedimenti, infatti, rappresenta una sorgente di esposizione a sostanze tossiche per un periodo molto lungo.

Come sottolineano dall’Irsa-Cnr, le conseguenze di un atto criminale come quello avvenuto nella provincia di Monza e Brianza, cioè “in posizione centro-occidentale del bacino idrografico del Po, avrà conseguenze complessive su tutto l’ecosistema sulla cui portata c’è ancora molto da capire”. Ribadiscono però i ricercatori come si possano invece fin da ora considerare le conseguenze a livello sociale, in quanto “rovesciare intenzionalmente una quantità di petrolio così elevata più che un reato è una tragedia culturale difficilmente sanabile”.

Francesca Lippi

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